VESCOVI   CONTRO   ABATI

Cinquecento anni di intrighi e lotte
(di Giuseppe Calzone)
Ricordate l’aria di mistero e di terrore che avvolge la vita dell’abbazia nel romanzo di Umberto Eco : " Il nome della rosa "? Le storie di gelosia, di rivalità, i casi di corruzione tra monaci, i conflitti all’interno della Chiesa, le dispute dottrinali tra gli ordini religiosi, le denunce, l’inquisizione, i processi ? Sembra di vivere proprio quel romanzo mentre si leggono le vicissitudini delle fondazioni religiose miletesi (Abbazia ed Episcopato), che ci vengono tramandate dall’ archivio del Collegio Greco di Roma e dall’archivio dell’Accademia delle Scienze di Napoli.
A 14 Km da Vibo Valentia, su una collina a sud-est di Mileto, è possibile osservare i pochi ruderi della Mileto medievale, distrutta dal terremoto del 1783.
D’ origine antichissima ed incerta, divenne importante, quando i Normanni nel 1059 la eressero a capitale della Calabria e della Sicilia.
Nel nuovo abitato di Mileto nel 1938 sono stati rinvenuti anche reperti di epoca romana, consistenti in due pregevoli mosaici del I secolo d.C.,appartenuti ad una villa di vaste dimensioni.
Se è vero che la vecchia Mileto deve il suo momento di splendore e la sua notorietà ai re normanni, è anche vero che la città mantenne un ruolo importante in Calabria nei secoli successivi grazie alla presenza delle due fondazioni religiose volute da re Ruggero: l’Abbazia della Trinità e l‘ Episcopato. I normanni, secondo i patti stipulati nel 1059 a Melfi con il Papa, sostituivano i monaci basiliani e i vescovi di rito greco con abati e vescovi latini. In virtù di tale patto a Mileto furono fondate l’Abbazia della Trinità (1063 - 1066) e la sede vescovile (1081).

Cattedrale di Mileto (l'esterno é in fase di ristrutturazione)

 
Il gioiello della Mileto normanna fu l’abbazia benedettina, nella quale risiedevano più di cento monaci (vedi Occhiato, La Trinità di Mileto nel romanico italiano, Cosenza 1994). L’Abbazia divenne il cardine della politica religiosa normanna, tanto da ricevere da parte del Conte Ruggero,una ricchissima dotazione di beni e privilegi confermata dalla Curia Pontificia. I primi possedimenti furono cenobi di monaci basiliani spodestati. Nel 1080 la Trinità possedeva 4 abbazie e tre chiese in Calabria e altre 4 abbazie in Sicilia. Nel 1098 passa a 15 priorati calabresi e 7 siciliani - come risulta da una bolla di papa Urbano II. Dal 1123 al 1151 i possedimenti calabresi aumentano da 15 a 24 e quelli siciliani da 7 a 16.
Le enormi ricchezze procurarono molti nemici alla fondazione che, da questo momento, dovette lottare aspramente su tutti i fronti per mantenere i privilegi ottenuti da Ruggero I e dai pontefici romani.
Una prima lite scoppia nel 1117 con i certosini di Santo Stefano del Bosco (Serra S. Bruno). Poi, tra il 1122 ed il 1136, i benedettini miletesi gelosi dei favori accordati da Ruggero 2° ai monaci basiliani di Rossano (i normanni erano diventati tolleranti con i bizantini), accusarono di eresia il fondatore del Patirion (San Bartolomeo di Simeri) che però ne uscì indenne.

Le ricchezze ed il prestigio dell’abbazia, il cui abate fu uno dei più grandi feudatari del regno di Napoli (Lenormant, La Grande-Grèce), la esposero ad aggressioni, devastazioni e minacce di ogni genere. A queste spesso gli abati reagirono con le armi, addirittura un abate organizzò una spedizione militare da Mileto a Seminara, dove erano stati usurpati alcuni possedimenti. Le dispute e i contrasti più violenti, affrontati con processi civili e falsificazioni di ogni sorta, sorsero però con i Vescovi di Mileto. In Inghilterra fece di peggio l’arcivescovo di Canterbury che, all’abate suo rivale,distrusse l’abazia mai più risorta. Il primo contrasto tra vescovo ed abate riguardò la proprietà del Borgonovo - Monteleone (oggi Vibo Valentia), dove l’imperatore Federico II aveva ordinato di far sorgere castello e abitato su un terreno dell’abbazia ; si raggiunse un accordo solo nel 1287 : il Vescovo acquistò ogni diritto sul territorio di Monteleone, mentre l’Abate mantenne i diritti spirituali sui casali di " S. Gregori, Cramestii, Bibonis et Larzonis ". Le liti però furono non solo di ordine temporale ma anche di natura spirituale e di competenza giurisdizionale. Infatti il papa Urbano II nel 1098 aveva posto l’Abbazia di Mileto sotto la protezione della Santa sede con esenzione dalla giurisdizione episcopale, l’abbazia perciò diventava una sorta di diocesi nella diocesi,  suscitando la gelosia dei vescovi che assistevano, non senza reagire,all’estensione del potere civile e religioso degli abati in Calabria ed in Sicilia.

Piviale abate

Piviale (particolare)

 
Le liti tra abati e vescovi di Mileto proseguirono fino al 13 agosto del 1717 quando, il papa Clemente XI, stanco dei litigi, per porre fine alla catena di odii aggregò il monastero della Trinità alla mensa vescovile di Mileto. Ma la questione non finì qui, perchè nel 1762 il  canonico Antonino Grandolino, per sottrarre l’Abbazia alla giurisdizione del vescovo di Mileto, sostenne che l’Abbazia era di "regio patronato" perchè fondata da re Ruggero ed il re di Napoli, Ferdinando I, nel 1774 sequestrò l’ archivio abbaziale e assegnò l’abbazia all’Accademia delle Scienze della città partenopea. L’abbazia fu definitivamente soppressa da Ferdinando IV nel 1766,non senza la forte opposizione dei vescovi di Mileto che tentarono in ogni modo di sottrarla al patronato della Corte di Napoli (vedi Occhiato : opera citata). All’ intrigo degli uomini subentra poi la forza bruta della natura : come l’abbazia misteriosa di Umberto Eco crolla, distrutta da un violento incendio, così l’abbazia di Mileto crolla, assieme alla città, distrutte dal terremoto del 1783. Finiscono così cinque secoli di lotte, intrighi, processi e falsificazioni, tra i vescovi e gli abati di Mileto. Ancora oggi la cittadina, non più illustre, mantiene un ruolo grazie all’ Episcopato.
(Il Vescovo attuale è Mons. Domenico Tarcisio Cortese)
 
Abate con insegne pastorali, scultura mutila, (XIV sec.)

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