La  tomba  del  Re

LA SEPOLTURA DI CONTE RUGGERO
Autorizzato il trasferimento del sarcofago da Napoli a Mileto
(di Giuseppe Calzone)
L’aspirazione di far tornare in Calabria la tomba del gran conte Ruggero, è stata coltivata fin dalla istituzione del Museo Statale di Mileto avvenuta il 6 giugno del 1991. Finalmente il sogno si è avverato perché il Ministero per i Beni culturali ed ambientali ha autorizzato il Museo Nazionale di Napoli, che custodisce il sarcofago, a darlo in prestito al Museo di Mileto, funzionante dal mese di agosto del 1997. Ci auguriamo che il monumento possa rimanere definitivamente a Mileto, certi che questa fosse la volontà di Ruggero I. Il re normanno, esalato l’ultimo respiro con il conforto di San Bruno, volle essere seppellito qui, dove aveva costruito le fortune del regno, poi trasmesso al figlio Ruggero II (G. Occhiato, La Trinità di Mileto nel romanico italiano, 1994).

Tomba di Ruggero I (particolare)

Rocco Pirro nella sua Cronologia dei re della Sicilia, edita a Palermo nel 1643, ci tramanda il seguente epitaffio del conte Ruggero : Linques terrenas migravit dux ad amoenas - Rogerius sedes, nunc coeli detinet aedes (Il duce Ruggero lasciando le terrene migrò verso le dimore amene, ora occupa le sedi del cielo). La sepoltura del conte Ruggero è stata l’unica tra quelle dei fratelli Altavilla a conservarsi. La storica dell’arte Lucia Faedo, in uno scritto pubblicato a Pisa nel 1983 nella rivista " Aparxai " Nuove ricerche e studi sulla magna Grecia", dal titolo " La sepoltura di Ruggero, Conte di Calabria", descrive e ricostruisce le vicende storiche e le caratteristiche architettoniche della tomba. La sepoltura è costituita da un sarcofago in marmo bianco di età romana del III sec. d.C. - sennonché una iscrizione, riportata dall’Abate Pacichelli nel 1690, afferma che essa fu realizzata da un marmoraro romano del XII sec. di nome Petrus Oderisius ; l’iscrizione è confermata dal Calcagni e dal Cimaglia. A questo punto Lucia Faedo si chiede : " Se il sarcofago romano è databile al III sec. dopo Cristo, com’è è possibile che la tomba sia stata realizzata da un marmoraro romano del XII secolo? ". Da questo interrogativo prende avvio una ricostruzione che, passo dopo passo, ci spiega l’enigma.
Ma veniamo alla descrizione del sarcofago (v. Maria Teresa Iannelli in " Beni culturali a Mileto di Calabria" ; di Autori vari, Ed. Barbaro, Oppido M., 1982). Esso è di marmo bianco, strigilato, cioè inciso con scanalature a forma di onde disposte in senso verticale. E’ lungo metri 2,40, largo cm. 92 ed alto metri 1,91. E’ decorato su tre lati, essendo per il quarto lato appoggiato al muro della navata destra della Chiesa abbaziale della SS Trinità. Fu riscolpito sui due lati stretti con la trasformazione in croci dei visi di due Gorgoni (volto di donna e capelli a forma di serpenti). In mezzo al pannello centrale vi è scolpita una porta a due battenti, con il battente destro socchiuso che sta a simboleggiare il passaggio del defunto al mondo dei morti. E’ sormontato agli angoli da due busti, pure in marmo, privi di testa di cui quello di destra, maschile, tiene un rotolo nella mano sinistra ; il busto di sinistra è invece femminile. Secondo la Faedo il sarcofago è unico nel suo genere ed apparteneva ad un magistrato romano insignito di due onorificenze (vi è scolpita una sedia curule con due corone di alloro). Il Conte Ruggero, che morì a Mileto il 22 giugno del 1101, si fece seppellire in questo sarcofago romano, secondo un’ usanza che si affermò durante il medioevo, per cui il riutilizzo di antiche sepolture era indice di prestigio.
Andiamo adesso alla soluzione del mistero e cioè del perché, pur essendo il sarcofago del III sec. d.C., il monumento funebre recasse la firma di un marmoraro romano del XII secolo. La Faedo con un esame puntiglioso delle tombe normanne, evidenzia le affinità tra la tomba di Mileto, appartenente al conte Ruggero e quella di Palermo, ove fu sepolto l’imperatore Federico II di Svevia. Quest’ultima è composta da un sarcofago in porfido con baldacchino sorretto da colonne anch’esse in porfido.
Com’era, dunque, la sepoltura del conte Ruggero ? Essa era formata dal sarcofago romano, posto su un basamento di marmo e sormontato da un baldacchino sorretto, presumibilmente, da tre colonne in porfido. La copertura ad edicola richiamava i cibori (baldacchini) degli altari, proprio per rimarcare la sacralità della tomba.
Cosa resta di quel baldacchino ? Rimane un pezzo di architrave in porfido, che si trova in una Chiesa di Nicotera, utilizzato come gradino d’altare. Qui vi è giunto dopo il terremoto del 1659, quando i marmi e le cose di pregio appartenuti alla Chiesa della Trinità vennero dispersi o venduti, come risulta dalle " Notizie degli scavi " del 1882. L’architrave è decorato da tre maschere col volto umano. Una posta ad angolo, con barba, baffi e occhi a mandorla spalancati. Le altre due maschere sono giovanili: naso largo e appuntito, bocca piccola e acconciature dei capelli diverse tra loro. I soggetti di questa decorazione sono in tutto simili alle maschere scolpite sul baldacchino della tomba di Federico II a Palermo.
Palermo: tombe nella CattedraleAnche le dimensioni dell’architrave di Nicotera e del baldacchino di Palermo appaiono identiche (il primo che è un frammento, corrisponde alla metà del secondo) Da ciò ne deriva che la sepoltura di Mileto appartiene alla stessa tipologia normanna (XII sec.) di quella di Palermo. anche se non si può affermare che le due tombe appartengono allo stesso Petrus Oderisius. Il problema della non corrispondenza dell’epoca di costruzione delle tombe rispetto alla data di utilizzazione (Federico II morì nel 1272, Ruggero I morì nel 1101) è stato affrontato dagli studiosi Deer e Swarz, i quali hanno ipotizzato che il sarcofago che custodisce Federico II sia stato fatto costruire da Ruggero II (morto nel 1154) il quale non lo utilizzò per sé ma, a causa di una controversia, lo donò alla chiesa di Cefalù. Questa successivamente lo diede a Federico II, che lo utilizzò per la propria sepoltura. Mentre il monumento di conte Ruggero fu commissionato al marmoraro romano Petrus Oderisius dalla moglie del conte, Adelasia, oppure dal figlio Ruggero II ; non si sa se immediatamente dopo la sua morte o intorno al 1145.
Secondo lo studioso Deer, le sepolture normanne erano " un monumento autoritario di glorificazione laica ", ed in questa ottica va visto anche l’uso del porfido che, nel monumento di Ruggero I di Calabria,afferma la nuova regalità normanna, mediante il richiamo a una tradizione che risale all’età ellenistica, tradizione che fu fatta propria dagli imperatori di Roma, di Bisanzio e dal Papato, e che attribuisce al porfido, grazie al colore purpureo, una precisa connotazione regale" (Lucia Faedo op. citata). Diversi frammenti di porfido sono stati rinvenuti anche durante il breve lavoro di pulitura del perimetro interno della chiesa abbaziale fatto nel mese di novembre dell’anno 1999.
Attendiamo, quindi, che questo pezzo, unico, secondo gli studiosi della materia, ritorni a Mileto per la gioia della gente, degli studiosi calabresi e di quanti si sono adoperati per farlo ritornare.

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