LE SUPPELLETTILI DOMESTICHE Anne-Marie Flambard-Héricher Sulla
vita quotidiana in età normanna si possiedono attualmente scarse
conoscenze poiché i cronisti, concentrandosi preferibilmente sugli
avvenimenti storici, lasciano emergere solo incidentalmente quei dettagli
materiali che ci permetterebbero di delineare un quadro più completo
dell' epoca. Queste
lacune possono essere almeno parzialmente colmate dall' «arazzo» di
Bayeux, per quanto riguarda l'iconografia, e dalle scoperte archeologiche,
per quanto riguarda gli oggetti. Tuttavia
le notizie ottenute dagli scavi non interessano allo stesso modo tutti i
settori. Alcune
vestigia si conservano meglio di altre, mentre bisogna rinunciare a
conoscere quegli oggetti aventi come materia prima prodotti organici,
prevalentemente putrescibili e perciò rarissimi, e contentarsi di quelli
che, composti di materiali più robusti, hanno resistito alla prova del
tempo. Le
quattro tipologie di materiali che in genere si conservano meglio sono la
terracotta, il vetro, il metallo, l'osso e il corno. Se
i primi due vengono comunemente impiegati per fabbricare oggetti destinati
alla cucina e alla tavola, il metallo invece viene adottato in molteplici
settori, che si tratti di utensili, di mobilio, di costume, di finimenti e
ovviamente di armamenti. L'osso
e il corno, infine, venivano intagliati e levigati per ottenere minuti
oggetti di ornamento, d'igiene oppure elementi di gioco. La
cucina e la tavola Due
scene dell' «arazzo» di Bayeux ci forniscono interessanti testimonianze
sulle abitudini della tavola. Nella
prima si vedono riuniti nel maniero di Bosham, intorno ad Araldo che si
prepara a partire per la Normandia, dei signori inglesi con il corno
potorio in mano, mentre uno di loro in particolare porta alle labbra il
contenuto di una coppa. La
seconda scena mostra la preparazione e lo svolgimento del banchetto
all'aperto che precedette la battaglia di Hastings. Guglielmo,
circondato dai suoi compagni, è seduto a una tavola a forma di ferro di
cavallo. Il
coperto appare sistemato in modo molto semplice, forse più che
d'abitudine, tenuto conto delle circostanze eccezionali. Vi
figurano unicamente piccoli boccali, piatti, tazze e coltelli: infatti era
d'uso prendere gli alimenti direttamente dal piatto comune per portarli
alla bocca. È
difficile trovare sistematicamente una corrispondenza tra gli oggetti
rappresentati sull' «arazzo» e quelli rinvenuti negli scavi. Molti
sono scomparsi senza lasciare traccia, come in particolare nel caso di
tutti gli oggetti in legno; ma anche quelli in metallo, dei quali si
tratterà in seguito, sono molto rari. Per
quanto riguarda il vasellame, in genere a impasto chiaro, non è sempre
facile stabilire se riferirlo alla cucina o alla tavola. È
il caso delle Olle globulari, tozze, con apertura larga, di dimensioni
molto varie e a volte decorate, che venivano usate spesso per la cottura,
come testimoniano le tracce del fuoco sul fondo e sulle pareti esterne. Esse
sono state rinvenute in tutti gli scavi, nei quali costituiscono sempre il
numero maggiore dei vasi. La
morfologia generale è uguale per tutti, varia solo il profilo del labbro
che può essere a fascia, a listello o svasato. A
volte la spalla dell' Olla presenta una decorazione sommaria eseguita con
lo stampino o dipinta. Gli
elementi da presa, anse, risalti o manici, accennano anche loro un abbozzo
di originalità. Le
brocche o i boccali con il collo più stretto, muniti di una o più anse e
prowisti a volte di un becco, erano adibiti al servizio dei liquidi. I
boccali, più specificamente, erano destinati a comparire in tavola, il
che non ha comportato però nella loro fabbricazione una ricerca estetica
particolare. La
tipologia del vasellame era completata da rare grandi ciotole, che
venivano impiegate verosimilmente per la preparazione degli alimenti o per
la loro conservazione per un tempo limitato, oltre che da piccole
scodelle. Queste,
rinvenute in numero contenuto, non dovevano svolgere la funzione degli
attuali piatti che non avevano all' epoca un loro equivalente. Le decorazioni erano rare e la loro realizzazione sommaria. Scena di banchetto, particolare dell'arazzo di Bayeux Si
componevano di fasce incise e ondulate, di motivi spesso scompartiti a
losanga e disegnati con la moletta, di nastri applicati e recanti
impressioni ottenute con le dita. L'invetriatura
era poco frequente, di qualità mediocre, quasi sempre parziale e di
colore verde maculato. A
York e a Rouen sono stati scoperti dei frammenti rifiniti con
un'invetriatura coprente brunastra sopra una decorazione a fasce applicate
e ornate di punzoni. Non
è stato possibile tuttavia ricostruire la forma completa del vaso. Per
cucinare si usavano ugualmente ciotole e mortai per pestare, come
attestano gli esemplari rinvenuti a Rubercy e Gravenchon. Infine
una parte dell'illuminazione era affidata alle lampade a olio, anch' esse
di terracotta. Se
l' «arazzo» di Bayeux ci mostra soprattutto corni potori, esistevano
anche i bicchieri, come testimoniano gli esempi provenienti dal castello
di Caen; nel XII secolo il loro uso diminuisce, e sembra che venissero
sostituiti da tazze in metallo. L'artigianato
e il lavoro domestico Per
quanto riguarda gli utensili usati in età normanna possediamo una
conoscenza molto limitata a causa dell'esiguità e della frammentarietà
della gran parte dei rinvenimenti. Essi
comprendono lame di coltello che potevano essere d'uso domestico o
destinate alla caccia. Una
falce rinvenuta a Grimbosq (Calvados) costituisce una testimonianza delle
attività agricole in prossimità della matta di Olive!. In
luoghi fortificati sono stati scoperti anche diversi dadi di grande
formato e delle lesine che si possono riferire all' attività tessile,
della quale per altro non si hanno affatto testimonianze, o alla
lavorazione del cuoio. Sono
stati scoperti anche molti altri oggetti riguardanti l'artigianato, ma la
loro funzione precisa resta ancora da determinarsi, come ad esempio nel
caso delle pinze di Plessis-Grimoult. Le
serrature e le chiavi Se
poche sono le serrature normanne rinvenute, gli scavi hanno invece portato
alla luce numerose chiavi di formati diversi. Quel
che caratterizza le chiavi di quest'epoca sono le dimensioni
proporzionalmente piccole dell' anello che assume forme geometriche
semplici: a losanga, esagono o cerchio. Per
adattarsi alle serrature che si aprono dai due lati, il cannello della
chiave può presentarsi non forato, cioè pieno, e prolungarsi molto al di
là della mappa, terminando con una punta troncoconica. La
chiave andava così a inserirsi entro la toppa interna della serratura. Essa
poteva anche essere forata in modo da incastrarsi sull' ago interno della
toppa. La
mappa, che presenta spesso dimensioni importanti, è piatta, poco spessa,
ma intagliata a larghi trafori. Le
serrature erano fissate sulle intelaiature delle porte o sui bauli per
mezzo di chiodi la cui punta veniva poi ribattuta sul rovescio. La
scatola delle serrature consisteva spesso in una semplice lastra
quadrangolare perforata da aperture per il funzionamento e il fissaggio,
secondo un dispositivo semplice la cui continuità d'uso nei secoli ne
rende difficile la datazione. Gli
scavi non hanno però ancora portato alla luce nessuna serratura completa. I
gioielli, il costume, l'igiene Alcuni
elementi ornamentali, perduti dai loro proprietari, sono giunti fino a
noi. Si
tratta di oggetti di scarso valore, piccoli anelli o ciondoli, che
testimoniano nondimeno una certa civetteria da parte dei loro sfortunati
possessori. L'archeologia
non può fornire alcuna informazione sugli abiti, poiché di essi si
conservano nel terreno solo gli elementi metallici o d'osso. Sono state rinvenute invece fibbie e placche di fibbia, fermagli decorativi così come pinzette depilatorie, che documentano come la cura del corpo non sia solo una preoccupazione recente. Caen (Calvados), Musèe de Normandie: 1) Coppa di vetro, inizi XIII sec. 2) Olla, seconda metà XIII sec. 3) Pendaglio di bardatura seconda metà XIII sec. I giochi I
giochi medievali ci sono noti in base ad alcuni trattati relativi ai
giochi da tavola (trimac), agli scacchi e al filetto. L'obiettivo
essenziale di tali opere non era quello di presentare il gioco ma di
rispondere a un certo numero di problemi concreti che si ponevano ai
giocatori. Anche
le scoperte archeologiche contribuiscono a documentare tali passatempi
rivelandoci alcuni elementi che li componevano. La
pedina di scacchi trovata a Grimbosq fornisce una testimonianza di quanto
fosse allora in voga questo gioco di origine indiana, introdotto in Europa
poco dopo l'anno Mille. Esso
divenne rapidamente una componente fondamentale dell'educazione cortese
poiché, nel XII secolo, per il giovane nobile era ugualmente importante
saper giocare bene a scacchi quanto saper maneggiare le armi e praticare
la caccia. Il
gioco di scacchi in avorio dorato detto «di Carlomagno», prodotto
verosimilmente a Salerno, attesta, già a partire dall'XI secolo, un gusto
che si sarebbe sviluppato particolarmente in ambiente aristocratico. I
singoli elementi e le regole verranno uniformati solo alla fine del
medioevo, mentre prima le possibilità molto limitate di movimenti
ricalcavano i combattimenti corpo a corpo dei loro tempi. Per
quanto riguarda i dadi, essi potevano essere utilizzati da soli o
servivano nei giochi da tavola, come i diversi trictrac. li
gioco dei dadi propriamente detto, in realtà, diventa interessante solo
qualora vi si aggiungano puntate in denaro. Perciò
si trova diffuso in ambienti socialmente molto diversi e nei castelli
viene praticato dall'uomo d'armi come dal signore. I
dadi sono di piccole dimensioni e il più delle volte intagliati in osso. Come
mostra l'esemplare scoperto a Rubercy, il totale dei punti sulle facce
opposte non risulta uguale a sette e verrà standardizzato solo a partire
dal XIII secolo. Le
pedine di trictrac, scoperte nella gran parte dei luoghi fortificati
scavati, appartenevano a giochi da tavola dalle regole molto varie. Intagliati
nell'osso o nel corno, presentano spesso solo una decorazione a cerchi
concentrici più o meno profondi e a cerchi oculati. Solo
alcuni mostrano una qualche ricerca estetica, come la pedina di Rubercy,
ornata con un cervo stilizzato. Rinvenuti
in luoghi fortificati, questi elementi di gioco venivano utilizzati quindi
da un gruppo sociale che disponeva di molto tempo libero, sia che si
trattasse del signore e della sua famiglia, che del gruppo di uomini
d'arme che li attorniava. Ma
il gioco non era solo riservato agli adulti o agli adolescenti. Il
giocattolo di ceramica di Rubercy lascia trasparire sia l'attenzione,
troppo spesso contestata, riservata al bambino in tenera età, sia il
gusto del gioco in se stesso, trasmesso già ai più piccini.
L'armatura
del cavaliere e i finimenti del cavallo L'
«arazzo» di Bayeux costituisce un documento fondamentale per lo studio
dell'armamento del cavaliere e dei finimenti del cavallo, poiché su tutta
l'estensione della tela ricamata la bardatura e l'equipaggiamento del
cavaliere sono illustrati con sorprendente precisione. Purtroppo
per quanto riguarda le cotte di maglia, quali si vedono rappresentate, ci
sono pervenute scarse vestigia. Possediamo
soprattutto, anche se per lo più frammentari, speroni, morsi e ferri, che
documentano le tre componenti essenziali della bardatura del cavallo: il
morso, la sella e la ferratura. Per
quanto riguarda il morso, che serve a guidare il cavallo, ne esistono due
tipi. Il
primo è il morso da frenulo linguale e la sua imboccatura agisce sul
punto di congiunzione delle labbra. Esso
può essere composto sia da un solo elemento sia da un' articolazione
centrale. Le
sue due estremità sono raccordate a due anelli ai quali sono collegate le
redini di cuoio. A
volte tra l'imboccatura centrale e gli anelli si frappongono dei montanti,
che però non possono avere la funzione di leva frenante al pari dei morsi
da briglia. Questi
ultimi costituiscono la seconda tipologia di morso, e agiscono sulle barre
(che nella mascella del cavallo costituiscono lo spazio privo di denti tra
gli incisivi e i molari), per mezzo di aste che fanno leva. Le
redini sono fissate alle estremità basse di queste aste laterali e l'
effetto di leva è molto più violento se queste sono lunghe e se un
barbazzale assicura l'appoggio sotto la mascella inferiore. Noto
a Bisanzio già dal IX secolo, il vero morso da briglia appare in
Occidente solo nell'XI secolo anche se frattanto il morso da frenulo
linguale continua a essere documentato Hno al XIII secolo. L'esemplare
di Rubercy prova che in Normandia esso era ancora in uso alla fine del XII
secolo sebbene l'«arazzo» potrebbe lasciare intendere il contrario,
poiché tutti i cavalli che vi figurano portano un morso da briglia e
molti sono disegnati con lunghe aste laterali incurvate. Purtroppo
gli scavi hanno riportato alla luce solo pochi morsi da briglia completi e
quindi allo stato attuale è impossibile tentare di delinearne una
tipologia. Sono
state rinvenute invece molte fibbie di finimenti più o meno complete e
insieme i pendagli decorativi che normalmente vi venivano applicati. Anche
la sella era costituita da tre parti: gli arcioni, la cinghia e le staffe. La
sella dei cavalieri raffigurati sull'«arazzo» appare degna di nota per
la forma delle sue arcature: il pomello e 1'arcione posteriore formano una
forte sporgenza verso la testa e la coda del cavallo, secondo un modello
già diffuso in età carolingia. La
presenza costante delle staffe, ancora rara nell'XI secolo, diventa
sistematica nel XII, periodo in cui si delinea l'uso di aggiungere una
seconda cinghia, anche se questa moda non appare ancora adottata nelle
figurazioni dell' «arazzo». Gli
speroni presentano ancora forti somiglianze morfologiche con quelli di età
romana. L'insieme,
composto da due aste incurvate, che avvolgono il tallone, c da una punta,
si colloca su uno stesso piano. La
punta si compone il più delle volte di un pomo piramidale, emergente
grazie al restringimento di un corto collarino. Nell'XI
secolo la punta e il colletto cominciano ad assumere una forma incurvata,
come testimonia un esemplare scoperto a Montfort -sur-Risle (Eure) e
datato tra la fine dell'XI e gli inizi del XII secolo. Lo
sperone a rotella con aste molto incurvate, sebbene sia ben documentato
dalle miniature e da alcune narrazioni, non sembra essersi generalizzato
prima del XIII secolo. La
ferratura dei cavalli compare in Occidente agli inizi dell'XI secolo,
secondo i documenti latini, ma si diffonde lentamente ed è solo verso la
metà del XII secolo che appare adottata con una certa frequenza. Sulla
base dei ritrovamenti si distinguono due tipi principali di ferri: quelli
con bordi ondulati che precedono, nel periodo del loro massimo impiego,
quelli a bordi lineari. T
ali ferri si presentano inoltre leggeri, stretti, più o meno rastremati
alle estremità: i bordi sono rinforzati da un rampone formato da un
ripiegamento del metallo. Le
aste comprendono generalmente sei fori o stampi ripresi da controfori in
forma di rettangolo allungato. Le
ondulazioni, provocate dalla dilatazione del metallo in seguito alla
controforatura, sono percepibili soprattutto sul bordo esterno del ferro. I
ferri di cavallo a bordi ondulati presuppongono l' impiego esclusivo di
chiodi con testa a «chiave di violino» che rappresentano la vera
caratteristica di questa categoria di ferri, dal momento che i bordi
ondulati non erano altro che la conseguenza di un procedimento di fusione. L'evoluzione
del ferro a bordi lineari sembra doversi collocare nel corso del XIII
secolo, perché in nessuno scavo se ne sono trovati di anteriori a questo
periodo, e solo nel XIV secolo si sostituisce definitivamente al ferro a
bordi ondulati. Le
caratteristiche dell'armamento secondo le scoperte archeologiche Gli
elementi scoperti nel corso degli scavi rappresentano solo una modesta
parte dell ' armamento utilizzato in epoca normanna, del quale, anche in
questo caso, r «arazzo» fornisce un'immagine molto dettagliata. I
reperti archeologici sono costituiti essenzialmente da ferri di frecce,
rinvenuti soprattutto in luoghi fortificati, coerentemente con la loro
vocazione difensiva. Gli
arcieri rappresentati sull'«arazzo» portano degli archi corti,
probabilmente ricavati da pertiche di legno, e tenuti al livello del petto
per il tiro. Questi
archi avevano solo una portata limitata. Le
balestre al contra rio sono una novità che non figura nell'«arazzo»,
sebbene alcuni specifici dardi quadrati, datati nell'XI secolo, siano
stati rinvenuti a Plessis-Grimoult e siano ugualmente ben documentati a
Rubercy, al livello di scavo corrispondente alla fine del XII secolo. Bibliografia:
LEFEBVRE DES NOETTES, 1912; LEFEBVRE DES NOETTES,
1931; DE BOOARD, J964; DE BOUARD, 1966; LEENHARDT, 1967;
ZADORA RIO, 19ì3-1974; PASTOURCAU, 1976; TORREN, 1977a; LORREN, 1977b; LE
MAHO, 1980; VERDON, 1980;
DECAENS, 1981; LORREN, 1981; BURNOUF e altri, 1983; FICHET
DE CLAIRFONTAINE., 1983; HALBOUT, LE MAHO, 1984; HALROUT
e altri, 1987; LEENHARDT, 1987; LE MAlia, 1987; Mc CARTHY,
BROOKS, 1988; BIDDLE, 1990; LE MAHO, 1990; PASTUUREAU,1991. |