IL PANORAMA DELL'ARCHITETTURA RELIGIOSA

Mario D'Onofrio

Nell'ambito dell'architettura religiosa fiorita nell'Italia meridionale in età normanna emergono con sufficiente chiarezza alcuni modelli fondamentali a cui è possibile collegare buona parte della coeva produzione monumentale delle singole regioni.

Si tratta di edifici chiave che in virtù delle loro caratteristiche tipologiche, evidenziate nella zona absidale o in facciata, esercitano una notevole influenza sulle maestranze di quel tempo operanti nel Mezzogiorno e determinano lo sviluppo di gruppi alquanto omogenei e ben individuabili, anche se non sempre circoscritti entro confini regionali precisi.

Una classificazione dei paesaggi architettonici in relazione ai principali modelli può tradursi orientativamente nel seguente schema: a) gruppo benedettino-cassinese, con a capo la chiesa di San Benedetto a Montecassino nella versione voluta dall'abate Desiderio; b) gruppo franco-normanno, che prende il via dal duomo di Aversa; c) gruppo pugliese, ispirato alla basilica di San Nicola a Bari; d) gruppo benedettino-cluniacense, che si potrebbe far risalire alla problematica chiesa della Santissima Trinità di Mileto e che accorperebbe in linea teorica edifici non solo calabresi ma anche siciliani; e) gruppo siciliano che, pur identificandosi in parte con quello precedente, assume più rappresentativamente una posizione a se stante e costituisce una straordinaria sintesi cii tutte le tendenze costruttive e ornamentali diffuse nel Mezzogiorno tra i secoli XI e XII, comprese le esperienze anglonormanne successive al 1066.

Questo schema, che si discosta talora - pur senza sottovalutarli - dai necessari riferimenti di valutazione e definizione postulati dalla contestualizzazione generale, ovvero dall' alzato dei singoli edifici, non esaurisce di certo tutta la complessa e variegata casistica esistente nell'Italia normanna, né consente di parlare in via diretta di scuole o di cantieri locali.

Tuttavia esso risulta chiarificatore di alcuni aspetti del fenomeno generale, sia pure limitatamente agli episodi più emergenti e certamente più rappresentativi.

Ne valuteremo velocemente non tanto i limiti reali, quanto piuttosto le potenzialità logiche e pratiche ai fini di una agevole e orientativa ricognizione figurale del panorama in questione a tutt' oggi conosciuto o della parte più significativa di esso.

Gruppo benedettino-cassinese

L'esempio più illustre storicamente, peraltro fra i più seguiti di tutto il Meridione, è costituito dalla basilica di San Benedetto, fatta ricostruire a Montecassino tra il 1066 e il 1071 dall'abate Desiderio, grande alleato dei Normanni, divenuto papa col nome di Vittore III.

Ai nostri giorni, pressoché nulla sopravvive di quell'edificio, le cui vicende risultano irrimediabilmente segnate dal violento terremoto del 1349, dalle trasformazioni dei secoli XVI-XVIII e dal bombardamento dell'ultima guerra mondiale che ha completamente raso al suolo l'intera abbazia.

Tuttavia le testimonianze storiche, in particolare il Chronicon scritto da Leone Ostiense, il rilevamento effettuato da Antonio da Sangallo e le indagini archeologiche condotte nell'area dell'abbazia dopo il 1943 consentono di risalire alla configurazione originaria della basilica.

I lavori architettonici, secondo una postilla del Chronicon, vennero commissionati a maestranze lombarde e amalfitane, mentre la decorazione fu affidata a maestri orientali.

Il materiale, colonne e marmi, fu prelevato appositamente da Roma.

L'iniziativa di Desiderio destò tali echi e consensi che alla cerimonia di consacrazione della chiesa (1071) vollero assistere i feudatari e i prelati più famosi dell' epoca.

La nuova costruzione si configurava a tre navate, secondo schemi consolidati dalla tradizione paleocristiana romana, con dieci colonne per parte, un alto transetto appena sporgente e, a est, tre absidi allineate, poste più o meno in asse con le navate e con i tre portali d'ingresso.

Dinanzi alla chiesa si apriva il quadriportico con arcatelle su colonne e con torri sul braccio orientale d'ispirazione nordica.

Il nartece, secondo le informazioni del Chronicon, aveva cinque farnices spiculi, da intendersi come arcate a sesto acuto con crociere a spigoli vivi.

Probabilmente questo tipo di arco fu introdotto a Montecassino dagli architetti provenienti da Amalfi, dove era già stato adottato nell' antica cattedrale: chiesa del Crocifisso).

Alle stesse maestranze può imputarsi l'inserzione delle colonne sui piedritti dell'abside centrale, secondo un criterio per lo più decorativo, diffuso soprattutto (ma non esclusivamente) nel mondo islamico.

Un campanile a pianta quadrata fu eretto sul fianco settentrionale, in linea con il nartece: era un'opera, a detta di Leone Ostiense, concepita con massi ben inquadrati (de quadratis et maximis saxis).

La tipologia della chiesa cassinese motiva sorprendenti riprese, sia pure con le inevitabili varianti, in numerose costruzioni dei territori limitrofi, laziale, abruzzese e campano.

Nel basso Lazio si segnala la chiesa di Santa Maria della Libera presso Aquino, databile tra il 1070 e il 1080, mentre per l'area abruzzese l'edificio più vicino storicamente e stilisticamente è costituito dall'abbaziale di San Liberatore alla Maiella, del 1080 circa.

Ma è soprattutto in Campania che si incontrano le versioni più dirette del modello benedettino-cassinese.

Prima fra tute la cattedrale di Capua, voluta dall'arcivescovo nornanno Erveo 11073-1081), e la cattedrale di Salerno, promossa a partire dal 1080 dall'arcivescovo Alfano, amico di Desiderio, con il concorso finanziario di Robeto il Guiscardo, menzionato in più iscrizioni all'esterno Iella chiesa, e di Giordano, principe di Capua.

Se l'abbaziale cassinese era sprovvista di cripta, la cattedrale di Salerno ne fornisce un esempio del tipo a sala, assunto a nodello pet molti edifici del Meridione, specie dell'atea campana.

L'impronta cassinese si esplicita anche nella cattedrale di Caserta Vecchia (1153 e 1213 circa), dove subentrano gli elementi più disparati (lombardi, pugliesi, musulmani, francesi), disponendosi in un raro equilibrio compositivo che culmina nell' arditezza della singolare cupola con tiburio.

Una posizione particolate merita la chiesa di Sant'Angelo in Formis, presso Capua, fatta costruite dallo stesso abate Desiderio fra il 1072 e il 1087 a seguito di un impegno da lui assunto nei confronti del principe Riccardo.

Rispetto all'abbaziale cassinese, questo monumento si mostra privo del transetto e quindi con l'attacco diretto delle tre absidi a conclusione delle navate. In sostanza si è di fronte a una fortunata variante, documentabile un po' ovunque, legata alla medesima concezione culturale per quanto concerne il tipo di absidi impostate su una linea tetta comune. Precede la costruzione un portico a cinque fornici acuti.

Gruppo franco-normanno

Tale gruppo è ristretto alle costruzioni che presentano una tipologia del tutto sconosciuta alla tradizione italiana e che rimanda direttamente a precedenti dell' area francese, specificamente delle regioni Auvergne, Poitou e Normandia.

Si compone delle chiese con deambulatorio semi circolare dotato di cappelle radiali: prima fra queste la cattedrale di Aversa, con una corona originaria di cinque cappelle, quindi l'abbaziale di Venosa e la cattedrale di Acerenza, entrambe in Lucania, con tre cappelle radiali.

In Francia dunque si incontrano numerosi prototipi già tra la fine del secolo x e gli inizi del secolo successivo: Notre-Dame-du-Port a Clermont nella regione dell'Auvergne, Saint-Martin di Tours (Indre-et-Loire), SaintHilaire- le-Grand e Saint-Savin-sut-Gartempe nel Poitou; quest'ultimo sembra l'esempio più vicino ad Aversa per la presenza di un eguale numero di cappelle a coronamento del deambulatorio, databile con precisione fra il 1023 e il 1050.

In Normandia la tipologia in questione appare nella cripta della cattedrale di Rouen, capoluogo della contea, nel 1035 circa.

Anche l'abbaziale di Cluny III, consacrata nel 1098, verrà ad assumere lo stesso schema imponendosi subito come l'esempio più illustre della Francia cui si adegueranno tutte le chiese cosiddette di pellegrinaggio dell' area mitteleuropea.

Della cattedrale aversana sappiamo che i lavori furono iniziati dal principe fuccardo e completati dal figlio Giordano, quindi il termine ante quem per la conclusione viene fissato orientativamente intorno al 1090, anno di morte di Giordano.

 

1) Salerno, cattedrale: veduta del quadriportico

2) Aversa, cattedrale: veduta interna del deambulatorio

3) Pianta ricostruita dell'abaziale desideriana di Montecassino (da Carbonara, 1979)

 

La definizione cronologica viene suffragata anche dallo studio dei caratteri compositivi del monumento, in particolare dalla natura piuttosto arcaica delle volte nervate e dall' analisi stilisti ca della scultura pertinente.

Venosa fu in età normanna sede di un prestigioso monastero.

L'antica chiesa della Trinità, risalente all'età paleocristiana, pur accogliendo le sepolture di alcuni esponenti degli Altavilla (vi furono sepolti Roberto il Guiscardo, i suoi fratelli e la prima moglie Alberada), era destinata a scomparire per far posto a una nuova e imponente abbaziale, intesa come mausoleo dinastico, dove poi sarebbero state trasferite le tombe della famiglia normanna.

Ma i lavori, intrapresi verso l'ultimo ventennio dell'XI secolo, non furono mai portati a termine.

Per quanto è ancora possibile constatare dalle suggestive strutture esistenti, l'incompiuta normanna denota un gusto compositivo più armonico cd essenziale rispetto alla configurazione del duomo di Aversa: le campate del deambulatorio sembrano più regolari e le stesse nervature destinate a sorreggerne le coperture assumono persino un leggero profilo sagomato, come è dato appurare da alcuni frammenti lapidei conservatisi in loco.

Anche l'esempio della cattedrale di Acerenza, per quanto le fonti storiche siano molto vaghe, può datarsi dopo Aversa, verosimilmente dopo il 1090, anno in cui si registra nella città un rovinoso incendio.

L'imponente edificio, come oggi si presenta all'esterno sul lato orientale, suggerisce un crescendo armonico di volumetrie architettoniche di vigoroso spessore: dapprima la cripta, quindi le cappelle intorno al deambulatorio, più in alto il coro centrale, le torri cilindriche scalari poste a ridosso del transetto e infine la cupola sulla crociera.

Ma sono soprattutto i capitelli interni e la leggerezza delle strutture del deambulatorio, dove le volte a crociera piuttosto alte fanno a meno delle nervature di supporto, a suggerire una datazione relativamente tarda, con probabili sconfinamenti nel primo ventennio del XII secolo.

La facciata mostra due campanili allineati, di cui quello di destra è stato ricostruito nel Cinquecento.

Lo schema della doppia torre di facciata, che molto probabilmente era previsto anche per l'incompiuta di Venosa, sembra un esito ispirato al Westbau carolingio-ottoniano mediato in seconda battuta dalla Normandia, dove l'abbaziale di Jumièges e le chiese di Caen (Trinité, Saint-Etienne, Saint-Nicolas), tutte datate tra il secondo e il terzo quarto dell'XI secolo, fornivano alcuni fra gli spunti più diretti.

La cattedrale di Anglona potrebbe appartenere a questo gruppo, non certamente per la sua tipologia che esula dagli esempi passati in rassegna, semmai per la doppia torre di facciata che denuncia precise parentele nordiche, ma soprattutto per la presenza, in corrispondenza del protiro, di un portale d'ingresso che senza ombra di dubbio può definirsi di schietta matrice normanna, con colonnine sui piedritti, testine radiali e motivo decorativo a zig-zag (bâton brisé) sull'arcata esterna, un portale da considerarsi un vero e proprio unicum in Italia, mentre se ne scorgono abbondanti versioni anteriori nel Calvados.

1) Bari, basilica di San Nicola: la facciata

2) Venosa, abbazia della Trinità: veduta aerea

3) Mileto, pianta della Trinità (da Occhiato, 1987)

 

Gruppo pugliese 

Più numeroso appare il gruppo delle chiese pugliesi, dove spicca sopra ogni altra la basilica di San Nicola a Bari, eretta nell'area della demolita residenza catapanale in onore del santo vescovo di Mira, sotto la direzione dell'abate benedettino Elia, a partire dalL087 e completata progressivamente, specie dopo il riassesto successivo alla distruzione di Bari da parte di Gugliemo il Malo del 1156.

La consacrazione che ne segue data al 1197 , ma la cripta risulta già consacrata alla presenza di papa Urbano n nel 1089.

La basilica si determina nella sua struttura finale in virtù di soluzioni ed elementi particolarmente connotativi: presenza di una confessione divisa in navate sul modello verosimilmente della cripta della cattedrale di Otranto (1080 circa); sviluppo sul lato orientale di un muro rettilineo che, compreso fra due piccole torri visibili quasi unicamente in pianta, non solo maschera l'espansione delle tre absidi concepite indirettamente alla maniera benedenino-cassinese, ma fa da transetto un vero e proprio blocco parallelepipedo contrapposto al corpo basilicale; arcate cieche sulle testate del transetto; aggetto di un ballatoio interno lungo i bracci del transetto; apertura sulla navata centrale di matronei cui fa riscontro all'esterno la sequenza degli esaforati; scansione di nicchie rettangolari esterne lungo i fianchi; portali e finestroni segnati da edicole !impanate sorrette da animali sporgenti dalla muratura.

La doppia torre di facciata si determina attraverso un probabile recupero di qualche struttura preesistente.

Molti di questi elementi, variamente elaborati, si ritrovano nella cattedrale della stessa città di Bari (1178 circa), nella cattedrale di Bitonto (secoli XII XIII) e nel duomo di Trani (seconda meta del XII secolo), anche se in quest'ultimo caso il muro continuo davanti alle absidi non fu mai eseguito pur essendo stato previsto nella progettazione, come lasciano intendere all'esterno le porticine inferiori e le pone-finestre del ballatoio aperte e poi murate ai lati delle due absidi laterali.

Altri monumenti dell'area pugliese sembrano procedere invece per soluzioni più o meno autonome e differenziate, ispirate talora a entrambi i modelli di San Benedetto a Montecassino e San Nicola a Bari, ma con l'aggiunta di non pochi elementi desunti spontaneamente dalla tradizione bizantina e da quella islamica, nonché dalle tradizioni proprie della Lombardia, della Borgogna e della Normandia.

Ad esempio, sussistono chiese che si distinguono: per la presenza delle cupole in asse (Santa Maria di Calena, San Benedetto di Conversano, Ognissanti di Cuti presso Valenzano, cattedrale di Canosa c chiesa dei Santi Niccolò e Cataldo di Lecce, legata significativamente al nome di Tancredi); per la decorazione delle pareti esterne con motivi a losanga incassata (Santa Maria di Pulsano a Montesantangelo, Santa Maria di Siponto e San Leonardo sempre a Siponto, cattedrale di Troia); per il motivo decorativo dell'arco intrecciato (San Corrado a Molfetta, dove peraltro ricompaiono le cupole nella navata e le torri di facciata); per le volte a crociera costolonate senza chiave (San Benedetto di Brindisi; o per l'adozione del muro spesso con camminamento ricavato al suo interno (San Giovanni in Tumba a Montesantangelo). Si segnala anche la chiesa di Sant'Adoeno di Bisceglie che nell’intitolazione ricorda il santo normanno Ouen.

In ogni caso la Puglia fa parte di quelle regioni d'Italia che nel corso dei secoli XI XII hanno creato un maggior numero di edifici religiosi per fortuna ancora ben conservati. Il fervore costruttivo si lega alla particolare situazione politica che si venne a creare proprio con la dominazione normanna, ma anche alla struttura geologica del territorio ricchissimo di pietra calcare.

Forse in Calabria nello stesso arco di tempo si costruirono altrettante chiese, ma la storia di questa regione soggetta a continui bradisismi ne ha segnato la cattiva sorte, considerato l'esiguo numero di monumenti sopravvissuti.

Gruppo benedettino-cluniacense

U gruppo cui indicativamente si potrebbe porre a capo la scomparsa chiesa abbaziale della Trinità di Mileto, consacrata nel 1080, sembra abbastanza compatto dal punto di vista formale. La chiesa miletina prescelta da Ruggero I come mausoleo per sé e la sua famiglia, per quanto oggi se ne conosca, impone subito il confronto con altri edifici seriori dell'area calabrese (cattedrale della stessa Mileto, Santa Maria della Roccella, detta comunemente la Roccelletta, catttedrale di Gerace), anche con chiese gravitanti più palesemente nell'orbita dei Basiliani (ad esempio, San Giovanni Vecchio di Stilo), mentre suggerisce plausibili analogie tipologiche con le chiese siciliane di Mazara del Vallo, Catania, Messina, Cefalù e Monreale.

 

Cefalù, cattedrale: la facciata

 

Tale sequenza di edifici che, a parte alcune indicazioni di massima non deve fare necessariamente della Sicilia una filiazione diretta della Calabria, sollecita qualche rinessione non solo per cogliere le valenze costitutive del processo di trasmissione di una tipologia fra le più fortunate dell 'ord ine benedettiJ1o, ma anche per verificare se in realtà da un punto di vista rigorosamente scientifico è possibile parlare dell'abbaziale di Mileto come del primo e unico modello da cui origina il gruppo calabro sopra elencato con l'eventuale ramificazione sicula.

A questo si aggiunga l'esigenza di ricondurre appunto nelle sue dimensioni più autentiche il panorama siciliano, i cui rapporti con la Calabria, pur rimanendo fuori discussione, non sembrano doversi tradurre necessariamente nei termini di una generica dipendenza.

La tipologia benedettino-e1uniacense si configura con transetto sporgente e coro profondo articolato su tre absidi grado nate, ovvero sfalsate, con il diametro dell'abside centrale posto in parallelo rispetto alla linea arretrata che congiunge i diametri delle absidi laterali.

Mentre questo impianto era sconosciuto nell'ltalia meridionale, se ne ravvisa un ipotetico prototipo nella nota abbaziale di Cluny Il, risalente all'epoca dell'abate Mayeul (955-981), della quale esistono varie repliche in chiese dell'area normanna, quali Bernay (1015-1050 circa), Lessay (1091 circa) e forse anche Saint-Evroultsur- Ouche (consacrata nel 1099).

A Mileto lo schema in questione sarebbe stato introdotto all'epoca di Roberto il Guiscardo tramite l'abate Roberr de Grammesnil, fuggiasco dalla Normandia, già abate di Saint-Evroult-sur-Ouche.

Ma non si esclude che !'importante chiesa abbaziale potesse raggiungere la tipologia au ab,idi gradonate solo attraverso qualcuno dei rimaneggiamenti successivi, poiché sappiamo che i terremoti danneggiarono sensibilmente l'edificio nel corso dei secoli XI e XII imponendone forse la ricostruzione e quindi ulteriori consacrazioni.

Onestamente è necessaria un'indagine archeologica perché si possa chiarire il dubbio.

Gruppo siciliano

 L'individuazione della prima chiesa benedettino-cluniacense nell'Italia meridionale resterebbe dunque una questione ancora aperta. Ma il fatto può risultare marginale. È certo che in Sicilia esistono esemplificazioni ugualmente precoci e contestuali agli ultimi esiti costruttivi della Trinità di Mileto: Mazara del Vallo (databile tra il 1086 e il 1093), Catania (tra il 1086 e il 1090), Messina (a cavallo dei secoli XI e XII).

 

Palermo, Cappella palatina: interno

 

Su quest'asse, forse parallelo a quello calabro, potrebbero innestarsi più plausibilmente i complessi monumentali di Cefalù e Monreale che segnano in assoluto l'apogeo della civiltà normanna.

Tra gli edifici religiosi isolani spiccano le chiese dell'area settentrionale, specie palermitana: San Giovanni dei Lebbrosi (1072), San Giovanni degli Eremiti (J 142- 1148), San Cataldo (1154), tutte con forti accenti islamici, Santa Maria dell'Ammiraglio, detta la Martorana (1143), con impianto bizantineggiante, la Cappella palatina, aulica nella sua specificità, voluta da Ruggero II (130) all'indomani della sua incoronazione e completata fra il 1132 e il 1140, l'esempio più palese dello «stile misto» normanno, punto di confluenza dunque di varie culture artistiche tra loro felicemente amalgamate e, sempre a Palermo, la cattedrale oggi in parte rifatta, con la zona absidale ancora ben conservata (1185).

Nella cattedrale di Cefalù, fondata da Ruggero II (1131 ), completata non molto dopo e con una fase duecentesca non bene definita, l'altezza del transetto indica verosimilmente quella prevista inizialmente per l'intera costruzione e poi non più mantenuta.

L'ispirazione anglonormanna della facciata va colta nella presenza di più ordini di arcatelle e più specificamente nell'impiego dell'arco incrociato e della sua ornamentazione a zig-zag, ampiamente diffusa oltre la Manica.

 

Monreale, cattedrale: esterno

 

I campanili sono un misto fra la torre di difesa e il minareto. Il complesso di Monreale, iniziato a partire dal 1174, non era proprio (del tutto ultimato alla morte di Guglielmo II (1189).

Il carattere aulico riscontrabile nella Cappella palatina palermitana e nella cattedrale di Cefalù raggiunge qui un aspetto quasi trionfalistico, non solo per il respiro della lucida spazialità, ma anche per la ricca decorazione musiva interna.

L'esterno si connota per la presenza degli archi intrecciati sia in facciata che sulle absidi, dove il partito decorativo non sembra dissimile da quello delle absidi della cattedrale palermitana, rinviando per alcuni aspetti al tipo di decorazione a tarsie murarie diffuso in Campania a partire dal quadriportico della cattedrale di Salerno. A differenza degli esempi della terraferma, la doppia torte frontale emerge, come a Cefalù, dalla linea di facciata.

In conclusione, la sapiente combinazione di referenti culturali differenziati, determinata direttamente o indirettamente dai committenti e dalle maestranze, ha fatto nascere in tutte le regioni italiane di conquista normanna una casistica articolata di monumenti dove, oltre alla compiutezza e alla originalità dei singoli gruppi, affiora una componente comune di natura metalinguistica, basata cioè  sul sincretismo e su una libertà espressiva tacitamente indotta da una precisa volontà politico-culturale.

Nelle cattedrali c nelle abbazie del Mezzoggiorno normanno non si avverte la semplice giustapposizione di schemi e idee mediati qua e là, ma un felice intreccio di esperienze tramato linearmente nel nome dì un diffuso programma di rinnovamento ancorato alle tradizioni che riesce talora a esaltare suggestivamente la dinastia dei conquistatori.

Quindi se le strutture compositive di fondo sono diverse a ragione dei sostrati etnici regionali, lo stile, per quanto di superficie possa apparire, inteso come espressione di una mentalità che comunque trascende le forme esteriori, risulta tendenzialmente univoco, espressione di una categoria storicistica che può idealmente tradursi nel concetto di quella «normannità» che sul piano giuridico-amministrativo aveva creato una salda coesione di tutto il Mezzogiorno.  

Bibliografia: SCHWARZ, 1946; BERTAUX, 1901; KRÒNIG, 1955; CANALE, 1959; KRÒNIG, 1961·1962; VENDITII, 1967; BOZZONI, 1974; BASILE, 197:1; BERTAUX (1903). 1978; CARBONARA, 1979; D'ONOFRIO. PACE, 1981; MUSCA e altri, 1983; CASSATA e altri, 1986; BELLI D’ELIA, 1987; OCCHIATO, 1987; ROMANO, 1988; BELLAFIORE, 1990.

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