Emilia Zinzi Organizzazione territoriale e insediativa della Calabria normanna. Per uno sguardo d’insiemeIn una fase di nuove e rinnovate letture e indagini sul Medioevo meridionale, si ritiene utile fare il punto — sia pure in sintesi — su quanto acquisito di recente tra conoscenze e lettura critica relative alla Calabria normanna nei suoi termini di assetto territoriale-insediativo e di produzione architettonica, di radici sacre e civili. Al tema, vasto nella sua consistenza nella regione, nelle sue comparazioni e connessioni rilevabili con l’area meridionale, con la Sicilia del regnum, con le matrici formali nordico-benedettine e campano-laziali, ci si limita ad accennare con l’augurio di aprire nuove esperienze d’indagine sull’età che vide questo estremo Sud aprirsi, nelle istituzioni e nella cultura, alla vitalità continentale e nord-europea. La Calabria figurativa d’età normanna non è ignota. Alcune sue espressioni architettoniche compaiono nella storiografia della metà dell’Ottocento con Heinrich Wilhelm Schulz. Ma occorre quasi un secolo con le connesse mutazioni teorico-interpretative ed il fiorire dell’interesse germanico sul Sud, perché lo Schwarz, negli anni Quaranta del Novecento, ne affronti i problemi di lettura storico-critica in chiave ormai aperta alle moderne metodologie, seguito da Wolfgang Krönig, da Corrado Bozzoni del 1974 e, dagli stessi anni ad oggi, con Giuseppe Occhiato, con un’illuminante integrazione tra fonti scritte, iconografiche e indagini sul manufatto. Informazione piuttosto folta sino ad oggi. Del pari per la scultura per la quale, in una rapida citazione di studi, devo ricordare almeno Maria Pia Di Dario Guida e alcuni contributi di chi scrive, dedicati anche al mondo architettonico. Molti ancora i problemi aperti e nell’analisi dei manufatti e nelle possibili comparazioni e connessioni di raggio italiano, europeo e mediterraneo, e nelle linee d’indagine da allargarsi anche ai contesti urbanistico-territoriali, ove consistenza e misura critica dei dati lo consentano, e nelle metodologie di ricerca, per le quali mi sembra pionieristica l’indagine condotta a Scribla da Ghislaine Noyé con Anne Marie Flambard. Figura 1. Calabria Altomedievale. Quadro insediativo essenziale.(Grafico di G. Mignolli, M.G. Piciotti, C. Capano) Recente l’attenzione verso l’habitat normanno in Calabria ed, in particolare, successiva agli anni Settanta, allorché gli interessi della medievistica si spostano dal Nord d’Europa al bacino del Mediterraneo, recuperandone la marginalità storiografica. Ed ha inizio l’attività di gruppi di ricerca francesi e franco-italiani, con sistematiche esplorazioni dell’insediamento fra Oriente latino ed Europa meridionale, dal Tardo antico all’Alto medioevo e prime indicazioni sull’habitat fortifìé nella Calabria della contea normanna, dovute a Jean Marie Martin e Ghislaine Noyé. Su tale orizzonte storiografico europeo, si pone oggi ogni possibile indagine sulle trasformazioni territoriali dell’età normanna in questo estremo Sud; europeo in una possibile unificazione delle metodologie d’indagine, europeo per uno spazio, che accosti aree culturalmente affini, europeo nel riferimento al quadro società – potere – cultura figurativa, come fondamento di lettura interpretazione. Avviare un recupero storico e fisico della Calabria normanna nei suoi aspetti insediativi ed architettonici, ha voluto dire aprire un lavoro nuovo nei metodi. Castra, castellia e in parte motte, sono quasi totalmente individuabili sul piano della collocazione topografica e della giacitura orografica. Presenze e tracce documentali sembrano non mancare in più casi. Ma occorre che ogni proposta di pianificazione urbanistica sia preceduta da analisi pluridisciplinare dei contesti storici, alla quale non può essere estranea la presenza dell’archeologia medievale, del ceramologo, dello studioso di tecniche costruttive, accanto allo storico della città e della cultura figurativa in genere. Del pari, la presenza plurispecialistica è richiesta per ogni intervento su edifici totalmente o parzialmente conservati o allo stato di ruderi, residui da stratificazioni sconvolte da moti tellurici. Esigenza di metodi ineludibile, perché ci si muova nella piena consapevolezza della dimensione scientifica dell’unità cui si guarda. E che è la ragione della sua importanza, la misura del suo esser parte di esperienze di cultura anche extra-regionali. La Calabria, alla conquista normanna, conta civitates et fortissima castra (Malaterra). La cronaca di Goffredo Malaterra ci consente di aver chiara distribuzione e presenza dell’insediamento nei suoi punti forti, così come si erano fissati nell’ultimo ciclo bizantino, fra la riconquista nel tardo secolo IX e la metà dell’XI. Chiara è anche la presenza delle diverse tipologie nella denominazione ormai latina: urbes, castra, castellia (fortezze di fondazione o ristrutturazione normanna). Prendono corpo, quindi, i casalia, centri non murati, frequenti in aree di colonizzazione agraria. Succedono ai Korìa bizantini sorti in base ad orientamenti amministrativi estranei all’organizzazione di tipo orientale fatta di piccoli nuclei sparsi, difesi da una torre e protetti anche da recinti – rifugio. Verso la fine del secolo XI sorgono le motte, residenze rurali fortificate. Cinque le urbes citate dal cronista: Regium e Sancta Severina per la loro dignità di sedi di metropolie; Geracium, Russanum, Cusentia per il loro ruolo (politico – religioso – amministrativo) ed il loro prestigio anche in età pre-normanna. Documentato anche il loro assetto fortificato, dalla denominazione di castrum ricorrente nella fonte. Nella narrazione malaterriana della conquista, figurano inoltre ventuno castra. Se vi si aggiungono le cinque urbes prima citate, si ha chiara nei suoi nodi essenziali, la rete insediativa su cui s’impernia l’organizzazione abitativa e produttiva, nel secolo e mezzo circa di dominazione normanna e che resterà a fondamento dell’habitat nella regione sino all’età contemporanea. La distribuzione per zone è già evidente. Dal Pollino alla Val di Crati, abbiamo i castra Tarsiae, Orioli, Sancti Marci con Scribla, Bisiniani e l’urbs-castrum Cusentiae. Alle porte della Sila, sulle opposte dorsali montuose fiancheggianti l’alta Val di Savuto, Ayellum e Maruranum. Su di un promontorio alto sul Tirreno, Scalea. Nell’area istmica, Catanzarium, Rocca (Falluca), Nicefola, Maja, Sckillacium, Neocastrum. Nella pre-Sila occidentale Rogel (Rogliano); in quella orientale Gerentia con le urbes di Sancta Severina e di Russanum; dalla valle delle Saline verso i contrafforti dell’Aspromonte, Oppidum e Mesianum; sulle alture sovrastanti la costa ionica, Stilo e l’urbs-castrum Geracii; fra Poro e Serre il castrum Melitense; sullo Stretto l’urbs reggina con le sue fortificazioni e l’™xoc£strou bizantino. A queste unità, interne e collinari, tranne Reggio, si aggiunge quanto, non come castrum è citato dal Malaterra: Cassanum, Nicotrum, Insula e Tropea, tutte sedi vescovi, e Scalea, Castri-villa. I castra che egli cita, si collocano secondo una linea Nord-Sud. Dalle quote medio ed alto-collinari del Pollino, della Sila, delle Serre, dell’Aspromonte, si attestano sulle alture sovrastanti il vallo del Crati; dominano la parte orientale della regione con Rossano, Santa Severina, Cerenzia. Figura 2. Calabria normanna. Dati sull’habitat dalla conquista al regnum (Grafico di G. Mignolli, M.G. Piciotti, C. Capano) Dal nodo Scribla - San Marco Argentano, muovono le direttrici strategiche normanne, ad est lungo la linea dell’antico dromos verso la via delle Puglie, a Sud verso Reggio, la futura porta della Sicilia islamica e dei successivi programmi mediterranei degli Altavilla. Va, tuttavia, tenuto presente che questo quadro dinamico non fa della Calabria una terra di transito. Organizzazione amministrativa, impegno economico, politica religiosa, produzione figurativa, ci parlano di vitalità e individualità della Calabria nel contesto dello Stato normanno. Nell’insediamento, non è possibile parlare d’una città normanna, prefigurata nei suoi caratteri. I fattori determinanti del nuovo assetto territoriale — feudalesimo e grandi impianti monastici benedettini — creano centri di potere politico-amministrativo e di funzione strategica, solo parzialmente innovati nel secondo caso. I castra, il cui numero aumenta nel corso dell’età normanna (Monsleonis – Brahalla …) sono oggetti d’intervento nelle strutture di fortificazione, che comprendono anche un castellum -fortezza all’interno della cinta (Catanzaro - Cosenza - Gerace - Maida - Santa Severina) o all’esterno (Rocca). Il centro abitato ha il suo spazio rappresentativo del potere politico e religioso nel sito ove sorge il castellum e in quello ove si costruisce la cattedrale latina, nel quadro della Rekatholisierung voluta dai Normanni. I due edifici sorgono generalmente a quota più elevata rispetto al contesto urbano, così a Gerace, Cosenza. A Squillace, invece, castello e cattedrale si collocano ai due estremi dell’abitato. Catanzaro, l’acrocittà normanna, nell’estendersi del suo primo nucleo bizantino sulle alture a Nord, erige in due siti eminenti dell’abitato, cattedrale latina e fortezza sede dei Loritello. Divisa da una lunga e sottile via Mesa, conserva a lungo memoria del suo impianto normanno e dell’originario assetto di “fortezza ben costruita” così come, a metà del sec. XII, la definisce Idrisi, geografo islamico di Ruggero. Ancora fortificazioni nuove, documentate a Castrovillari, San Marco, Rossano e memorie di strutture difensive erette dai Normanni innanzi ai centri assediati (Squillace – Mileto – Santa Severina). Dati importanti e rilevanti possibilità di lettura a Mileto (oggi “Mileto Antica”) ove attorno al 1060, Ruggero Granconte “fortifica virilmente il castrum” (Delogu), promovendo la sua trasformazione in civitas, con l’istituzione della sede vescovile, la costruzione della cattedrale con l’episcopio e d’un probabile palatium, quale centro amministrativo e sede della corte comitale, la fondazione su collina a fronte della città, della benedettina abbazia della SS. Trinità sede dei monaci provenienti da Uticum (Saint-Evroul-sur-Ouche), centro propulsivo della nuova cultura e della nuova politica religiosa. Figura 3. La Calabria nei geografi arabi (Grafico di G. Mignolli, M.G. Piciotti, C. Capano) Allo stato attuale delle conoscenze, non si può parlare di città normanna in Calabria, ma evidenziare ubicazioni e presenze riferibili all’intervento normanno nel contesto dei Kastra bizantini occupati. Fondamentale nella nuova organizzazione del territorio e nella sua vitalizzazione, oltre all’eminente funzione svolta nel campo religioso e culturale, la dislocazione dei gruppi monastici latino-normanni, in punti-chiave della costa tirrenica: S. Maria di Sant’Eufemia sull’istmo, S. Maria della Roccella nel sito della deserta Paleopoli, la SS. Trinità di Mileto sulla collina di Monteverde di fronte alla sede comitale degli Altavilla, S. Maria e XII Apostoli château de Dieu et de la Vierge, alto sul promontorio di Bagnara a fronte dello Stretto. Anch’esse erano fortificate, il che è desumibile a Sant’Eufemia da tracce murarie, a Mileto da una vistosa struttura realizzata secondo tecniche costruttive normanne, a Bagnara da documentazione scritta. Sono impianti datati nel tempo della Contea. Si dislocano, in linea generale, lungo la direttrice segnata dalla Popilia, la via dei conquistatori. Nascono nella fascia costiera occidentale, in cui meno forte è la presenza di monasteri italo-greci e, a parte l’impegno di ricostruzione della religiosità latina in Calabria, non è da escludersi che, almeno per Sant’Eufemia e forse per S. Maria della Roccella, abbiano avuto il ruolo di poli di attivazione in aree già spopolate. Che l’età normanna in Calabria sia stata un periodo di particolare vitalità sembra indubbio, anche se si vuole considerare quello che all’interno della città e nelle strutture extra-moenia militari e sacre, è stato l’impegno tecnico e formale, la dimensione qualitativa dell’elaborazione architettonica, dell’ars scriptoria e della miniatura, la valenza di quanto resta di produzione scultorea e pittorica, tenuto conto della grande diaspora del nostro patrimonio figurativo medievale. Che, in tema di organizzazione del territorio, l’età del regno abbia segnato anche nella rete insediativa civile, una fase di floridezza e di vivacità produttiva e commerciale, è attestato da un’importante fonte araba redatta a Palermo fra 1139 e 1154, il cosiddetto Libro di Ruggero, dovuto ad Idrisi, geografo del re normanno, nel quale appare una Calabria fatta di “città vetuste e belle”, “piccole e popolose ma ricche di traffici”, con porti attivi sul mare e scali fluviali nei quali entrano “navi di grande o piccola stazza”. E mercati, e campi coltivati, e molini mossi dall’acqua dei fiumi. E ancora, rocche ben costruite (Catanzaro e Mileto). È un’immagine, che se pure può apparire legata ad un intento celebrativo nei riguardi del sovrano, non può che avere un valido ruolo di fonte in questo rapido sguardo generale, che si vuol dare al territorio calabro in età normanna. In rapporto alla rete insediativa, lo scritto di Idrisi consente di conoscere, a più di un cinquantennio di distanza dalle pagine del Malaterra, la condizione dei centri abitati, per quanto riguarda la conservazione o meno d’una pregressa posizione emergente, l’affiorare di nuove unità nell’habitat, le ragioni della loro diversa importanza. Rispetto ai centri eminenti citati nella fonte normanna, riappaiono come poli dell’insediamento, a metà del secolo XII, Reggio, Gerace, Cotrone. Vi si aggiungono Amantea e Scalea sul Tirreno, con prevalenza dei centri costieri. Mantengono la loro importanza Cassano, Cosenza, Rossano, S. Severina e Stilo, menzionate dalle fonti arabe sin dal secolo X. Sembrano avere anche un ruolo notevole altre unità. Nel Nord della regione appare Mercuro, probabile erede laico dell’antico centro monastico. Da Castrovillari a Bisignano si entra nella val di Crati. Sul Tirreno si rilevano come centri abitati, S. Eufemia e Angitola. Ritornano Nicotera e Vibona. Nell’istmo, Catanzaro e Feroleto; nell’interno Martirano e, alle porte della Sila, Taverna. Nel quadro idrisiano, più folte di unità insediative, costa ed entroterra ionico, da Roseto a Pietrapaola, Isola e Le Castella. Nell’interno, Ipsicrò, Umbriatico, Cerenzia, Strongoli, San Mauro, Simeri, Belcastro. All’estremo Sud, Pentidattilo e Bova. Catanzaro e Mileto appaiono ben fortificate. Con loro, Angitola “fortilizio grande e popolato”. I porti maggiori sono Amantea, Cotrone e, non lontano da Isola, Porto di Maria. C’è poi la sede degli approdi fluviali, che si snoda lungo la costa da Cirella a Punta Fiumenicà. Gli abitati, piccoli o grandi, “popolati”, forniti di “mercati ben provvisti …, ricchi d’ogni ben di Dio”. A Reggio si ritrovano viaggiatori “che vanno e vengono dalla Sicilia”. Di alcuni centri si rileva la bellezza. Così per Amantea e Tropea. “Bella, grande, illustre” è Gerace col suo intorno ricco di “coltivi, seminati e viti”. Le due immagini della Calabria normanna, quella del Malaterra e quella di Idrisi, scorrono su di un secolo di dominazione, aiutandoci a visualizzare l’organizzazione territoriale nel tempo della conquista, il suo articolarsi e arricchirsi nella fase del regno, allorché alle strutture insediative e militari, si affiancano quelle portuali, accanto ai più semplici approdi e, nel rapporto con un entroterra fertile e ricco, si avverte una vivace presenza di scambi. Il potere, la società, il senso di una qualche vitalità economica, costituiscono il supporto ditale organizzazione. Ad esse si unisce forza e presenza della chiesa regolare e secolare con i suoi punti nodali (monasteri e strutture diocesane), con la ricchezza delle sue elaborazioni culturali, le sue capacità di amministrazione del territorio, le sue linee di diffusione. Nella sua duplice forma, essa viene a completare la facies della regione nelle istituzioni, nelle strutture fisiche, negli orientamenti culturali. In una terra intensamente orientalizzata e legata a Bisanzio nel rito e nella dipendenza delle strutture religiose dal suo patriarcato, gli Altavilla si fanno portatori d’un suo ritorno alla chiesa di Roma e al rito latino. Gli eventi storici legati a tale vicenda sono ben noti. Basta ricordare il Concordato di Melfi (1059) e riportarsi alla lettura di valenze architettoniche, che scaturiscono da tale linea di politica culturale e trovano la loro matrice nelle elaborazioni Roma-Cassino, con quel fondo di revival classicistico e paleocristiano, che le sottende. Ma la forza portante della Rekatholisierung normanna, è costituita dai benedettini di Normandia che, dalla penisola del Cotentin e da Saint-Evroul-sur-Ouche, ove avevano rielaborato gli schemi borgognoni di Cluny II, scendono in Italia coi conquistatori e ne seguono le tappe. Sono religiosi — ma così vuole il loro ordine — anche progettisti e costruttori, sulla base di quanto fissato nelle loro Constitutiones. E con loro non mancano i coementarii, operatori a livello di maestranze. Nei gruppi che giungono in Calabria, primeggia Roberto di Grandmesnil, protomagister, abate-architetto operante nel Sud nel secolo XI, la cui attività è stata di recente documentata dall’Occhiato. La serie delle abbazie latine nel Meridione, si apre con la Trinità di Venosa, ancora in parte conservata, continua in Calabria con S. Maria di Sant’Eufemia, in qualche modo leggibile, pur se allo stato di rudere. Continua ancora con la SS. Trinità di Mileto, di recente restituita nel suo tracciato perimetrale da Giuseppe Occhiato, aperta a ricerche di archeologia medievale e ad analisi comparative delle tecniche murarie. Incerta l’aggregazione al gruppo per S. Maria della Roccella, benché la chiesa presenti alcuni aspetti linguistici nordico-benedettini nell’asseto presbiteriale e, quindi, s’inserisca nella soluzione più caratterizzata dell’architettura d’età normanna in Calabria. Non diruta, come le unità citate, ricca d’una letteratura di raggio internazionale, è aperta ad una complessa problematica e per la cronologia, e per il rapporto col sito e per la fusione qualitativamente alta di più componenti culturali, compresenti nella Calabria normanna. Ultima verso Sud, l’abbazia di S. Maria e XII Apostoli di Bagnara, documentata come fondazione promossa da Ruggero fra 1082 e 1083 ed affidata ad un gruppo di religiosi d’oltralpe “qui nuper a transmontanìs partibus venerant, causa eundi sepulcrum Ierosolimis”. Un’abbazia-castrum, in vista della Sicilia, della quale recentemente si è tentata una parziale restituzione da fonti scritte e iconografiche, oggi fisicamente documentata da pochi ruderi, sopravvissuti alla catastrofe tellurica del 1783. In questa linea di spazi sacri e fortificati, destinati a riportare la Calabria alla chiesa di Roma e alla cultura occidentale, sorti lungo la costa tirrenica, vanno ricordate in quanto parte della chiesa regolare latina, due fondazioni benedettine sorte alla metà dell’XI secolo nel Vallo del Crati: S. Maria Requisita nel cui sito sorgerà tra 1160 e 1163 la cistercense abbazia di S. Maria della Sambucina ed una seconda, il cui titolo non è giunto sino a noi, che sarà sostituita agli inizi del Duecento da Santa Maria della Matina. Non risulta che siano state legate al mondo benedettino-romano. Sembra opportuno ricordarle come testimonianze della religiosità latina, in un’area particolarmente vicina alla presenza normanna. L’esperienza architettonica benedettino-nonnanna, i programmi politico-religiosi e la vitalità della regione, determinano una condizione di rigoglio e di tensione innovativa nella produzione architettonica e figurativa in genere. I modi di Cluny II e di Saint-Evroul si legano alle grandi abbazie dell’XI secolo, ma entrano anche a far parte del rinnovamento tecnico e formale, che si esprime nelle cattedrali ricostruite o erette ex-novo, fortemente legate al classicismo campano-cassinese e non estranee ai segni della sedimentata cultura orientale. Si rinnova nelle dimensioni ed in un’affinata ricerca tecnica e formale, l’architettura dei monasteri orientali, ricostruiti grazie a donazioni normanne. Accoglie anch’essa moduli nordici (plan bénédictin e forme torreggianti sulla crociera a S. Giovanni Vecchio ed a S. Maria de Tridetti), partecipa d’una cultura composita e non estranea anche a modi tecnico-lessicali islamici (S. Giovanni Vecchio). Nonostante le notevolissime perdite, sentiamo di poter dire di trovarci di fronte ad un mondo che rinasce, senza rinnegare antiche sue radici o respingere nuovi apporti affioranti dal suo composito mondo etnico. La restituzione grafica di valori strutturali e planimetrici originali, ha consentito di vedere nelle due abbazie di Sant’Eufemia e di Mileto le radici di due filoni linguistici destinati a trovare espressione in edifici calabresi e siciliani successivi con un’accezione di modi più arcaici in quello di Sant’Eufemia, passati alle cattedrali di Reggio e di Troina. Più sensibili all’incontro col classicismo campano, gli elementi da ritrovarsi alla radice di soluzioni formali realizzate nelle cattedrali calabre di Mileto Antica e di Gerace e in quelle siciliane di Messina, Catania, Cefalù, Mazara del Vallo. Particolarmente ricco è lecito supporre sia stato il mondo numericamente non esiguo delle cattedrali, edifici sacri di particolare prestigio nel sito e nell’elaborazione formale. Scomparse in massima parte (così per Reggio, Nicotera, Mileto, Nicastro, Martirano … ). Rinnovate totalmente nell’edificio superiore quelle di S. Marco e di Cassano, delle quali restano le cripte arcaiche o arcaizzanti, nel primo caso collegabili a termini linguistici protonormanni (Spira). Conservata parzialmente quella di Tropea, in parte alterata da interventi di non recente ripristino; trasformata, ma forse racchiudente ancora una struttura originaria, quella di Bova sorta tra e XII secolo. Salva e leggibile attraverso un rigoroso lavoro di lettura del contesto murario, compiuto dal Nave, dal Galli, da Gisberto Martelli, quella di Gerace. Essa è espressione della cultura architettonica d’età normanna in un centro di particolare prestigio e di un’importanza suggellata da un mosaico (1130) raffigurante la legittimazione sacra del potere politico, già esistente sull’intradosso dell’abside di destra e raffigurante Cristo che incorona re Ruggero, avendo a lato il vescovo Leonzio. Struttura architettonica di eccezionale ricchezza nel pieno romanico italiano ed europeo che da una dimensione di programmato ritorno all’antico, si fonde alle figurazioni nate fra Mosa e Basso Reno in uno spazio, che trova il suo fulcro nell’asse centrale della cupola, punto di confluenza fra spazio di Dio e spazio degli uomini (Kubach). Quanto si è detto per abbazie e cattedrali d’età normanna in Calabria è solo un richiamo ad una serie di immagini fissate da una vasta presenza di esperienze architettoniche e monumentali, che danno il segno d’una vivida ricchezza fra radici d’Oriente, fondamenti classicistici, esperienze nord-europee, sorte in un momento in cui la vita della Calabria ci appare avvivata e penetrata da straordinari fermenti culturali e religiosi, sul piano d’un ciclo politico vitalizzante e operoso. Appendice BibliograficaLa breve relazione redatta per l’amplissimo e ricchissimo tema, in termini di rigore scientifico avrebbe richiesto una bibliografia sistematica di certa consistenza. Il carattere di “sguardo e sintesi” dato al mio scritto ha postulato la compilazione d’una appendice bibliografica quanto possibile contenuta e riportata all’essenziale. Da questa premessa derivano i riferimenti bibliografici, che vogliono supplire a quanto non è stato possibile affidare alle consuete note. L’ordine di comunicazione è il seguente:
a. Documentazione sui Normanni e loro presenza nel Sud Per il fondo storico dell’età normanna, oltre il riferimento d’obbligo allo Chalandon (Histoire de la domination normande en Italie et en Sicile, Paris 1907) e tenendo conto dell’intensa produzione scientifica fiorita negli ultimi decenni a livello anche internazionale, per motivi di spazio si danno indicazioni essenziali, tenendo in parte conto di quanto emerso dai nuovi studi sulla Calabria. Indispensabile la citazione delle bibliografie corredanti gli studi di Salvatore Tramontana, almeno da La monarchia normanno e sveva (Torino 1986, pp. 335-376). Dello stesso autore si menzionano: I Normanni in Italia. Linee di ricerca sui primi insediamenti, Messina 1970; Id., Il regno di Sicilia, Torino 1999. Da ricordare di edito, quanto emerso da importanti incontri di studio. Così negli Atti delle Giornate Normanno-Sveve, tenute nell’Università degli Studi di Bari e quanto ai Normanni è stato dedicato nelle Settimane di studio del Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo di Spoleto, muovendo dalla XVI settimana (I Normanni e la loro espansione in Europa nell’Alto Medioevo, 18-24 aprile, Spoleto 1969). A queste prime voci seguono altre indispensabili citazioni: E. Pontieri, Tra i Normanni nell’Italia meridionale, Napoli 19642; J. Norwich, I Normanni nel Sud (1016-1130), Milano 1971; P. Delogu, I Normanni in città. Schemi politici e urbanistici, in Società, potere e popolo nell’età di Ruggero II (Atti Terza Giornata Normanno-Sveva, Bari, 23-25 maggio 1977) Bari 1979, pp. 173-205; M. Del Treppo, Medioevo e Mezzogiorno: appunti per un bilancio storiografico, proposte per un’interpretazione, in G. Rossetti (a cura di), Istituzioni e società nella storia d’Italia. Forme di potere e struttura sociale in Italia nel Medioevo, Bologna 1981, pp. 249-283; G. Tabacco, Il Mezzogiorno nel quadro politico europeo e mediterraneo (secoli VI-XIII), in Storia del Mezzogiorno diretta da R. Romeo e O. Galasso, Napoli 1989, t. II, pp. 518-591; E. Cuozzo, Dalle contee al regno, ibidem, pp. 597-703; J.M. Martin, Città e campagna: economia e società (sec. VII-XIII), in Storia del Mezzogiorno..., Altomedioevo, II, Napoli 1989, pp. 257-282; P. Dalena, Istituzioni e quadri ambientali nel Mezzogiorno medievale, Cosenza 1996; D. Mattew, L’Europa normanna, Roma 1996; Aa.Vv., I Normanni popolo d’Europa 1030-1200, a cura di M. D’onofrio, Venezia 1996. b. Documentazione sull’organizzazione ecclesiastica e monastica nel Sud normanno. L.R. Ménager, La byzantinisation religieuse de l’Italie méridionale (IXe–XIe siècles) et la politique monastique des Normands d’Italie, “Revue d’histoire ecclésiastique”, LIV (1959) ; P.F. Kehr, Italia pontificia, X. Calabria. Insulae, a cura di D. Girgensohn-W. Holtzmann, Zurigo 1975; N. Kamp, Vescovi e diocesi nell’Italia meridionale nel passaggio dalla dominazione bizantina allo Stato normanno nell’Italia meridionale, Atti II Convegno internazionale di studio sulla civiltà rupestre nel Mezzogiorno d’Italia (Taranto-Mottola, 31 ottobre-4 novembre 1973), Taranto 1977, pp. 165-187; C.D. Fonseca, L’organizzazione ecclesiastica dell’Italia normanna tra l‘XI e il XII secolo: i nuovi assetti istituzionali, in Le istituzioni ecclesiastiche della «Societas cristiana» dai secoli XI e XII. Diocesi, pievi e parrocchie. Atti della sesta settimana internazionale di studio (Milano 1-7 settembre 1974), Milano 1977, pp. 327. Id., La prima generazione normanna e le istituzioni monastiche dell‘Italia meridionale, in Atti Prima Giornata Normanno-Sveva Bari 1981, pp. 135-146; E. Russo, Storia della Chiesa in Calabria dalle origini al Concilio di Trento, Soveria Mannelli (CZ) 1982. Dello stesso autore, vanno ricordati i volumi del Regesto Vaticano per la Calabria, Roma dal 1974. c. Riferimento a testi cui si è brevemente accennato H. W. Schulz, Denkmäler der Kunst des Mittelalters in Unteritalien, nach dem Tode des Verfassers herausgegeben von F. von Quast, Dresden 1860; H.M. Schwarz, Die Baukunst Kalabrien und Sizilien in Zeitalter der Normannen. I. Die lateinischen Kirchengründungen des 11. Jahrhunderts und der Dom von Cefalù, “Ròmischer Jahrbuch für Kunstgeschichte”, VI 1942-44 (1946), 1-112; S. Borrari, L’architettura della Contea. Studi sulla prima architettura normanna nell‘Italia meridionale e in Sicilia, “Siculorum Gymnasium”, I (1948), pp. 1-33; G. Martelli, La cattedrale di Gerace, in “Palladio”, VI (1956), pp. 117-126; W. Kroenig, La Francia e l’architettura romanica nell‘Italia medievale, “Napoli Nobilissima”, s. III, I. 1961-62, pp. 203-215; C. Bozzoni, Calabria normanna. Ricerche sull‘architettura dei secoli undicesimo e dodicesimo, Roma 1974; G. Noyé, Le chdteau de Scribla et les fortifications normandes du bassin du Crati de 1044 à 1139, in Atti Terze Giornate Normanno-Sveve (Bari, 23-25 maggio 1977), Bari 1979, pp. 207-224; G. Noyé- A.M. Flambard, Le château de Scribla. Étude archéologique, ibidem, pp. 225-23 8; G. Noyé, Féodalité et «habitat» fortifié en Calabre dans la deuxième moitié du XIe siècle et les premiers tiers du XIe siècle, in Structures féodales et féodalisme dans l’Occident méditerranéen (XIe-XIIe siècles), Colloque de l’École française de Rome (ottobre 1978), Rome 1980, pp. 607-630; J.M. Martin-G. Noyé, Guerre, fortifications et «habitat» dans le monde méditerranéen due Moyen Âge. Colloque organisé par la casa de Velasquez et l’École française de Rome (Madrid, novembre 1985), ibi 1985, pp. 225-236. d. Qualche riferimento a geografi arabi e cronisti normanni per la Calabria E. Zinzi, Presenze e memorie della cultura figurativa islamica in Calabria e Basilicata, in Aa.Vv., Minoranze etniche in Calabria e Basilicata, a cura di P. De Leo, Cava dei Tirreni 1988, pp. 249-299; Ead, Dati sull‘insediamento in Calabria dalla conquista al “regnum”. Da fonti normanne ed arabe, in Società e insediamento in Italia meridionale nell’età dei Normanni. Il caso della Calabria. Seminario internazionale di studi, Soprintendenza archeologica della Calabria, CNRS de Lyon (Roccelletta di Borgia, 12-13 novembre 1994), “MEFRM-MOYEN ÂGE”, 110.1998.1, pp. 279-298; Per geografi arabi e cronisti normanni citati, su al Idrisi, Idrisi, Il libro di Ruggero. Tradotto e annotato da Umberto Rizzitano, Palermo 1956; sul Malaterra, Gaufredus Malaterra, De rebus gestis Rogerii Calabriae et Siciliae comitis et Roberti Guiscardi ducis fratris eius, ed. E. Pontieri, Bologna 1927 (RIS. V). Per la distinzione fra Kastron, Kastellion, castrum e castellum, V. 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