ABBAZIA
SAN MICHELE ARCANGELO
E
SS.MA TRINITA’
DI
MILETO
FONTI
DIPLOMATICO
PONTIFICIO COLLEGIO GRECO
ROMA
ARCHIVIO
SEZIONE ABBAZIA DI MILETO
Ms. ACGR 046.
(1763)
Diplomatico
Regesti
SCHEDE TRASCRITTIVE
ED
ELABORAZIONI
A CURA DI
GIOVANNI PITITTO
DEDICATO
A
CORRADO BOZZONI
E
PAOLO PEDUTO
DIPLOMATICO
ABBAZIALE.
Regesti.
Nell'Archivio del Pontificio
Collegio Greco di Roma è serbata la superstite organica serie dei documenti
pergamenacei e cartacei aventi definizione di Diplomatico dell'abbazia di
Mileto. [1]
Vi sono però alcuni aspetti, intrinseci nelle problematiche di tale diplomatico, su cui necessita intrattenerci.
Il diplomatico abbaziale, nello
stato odierno è noto contenere solo una minima parte di quanto
originariamente. Le intricate, tormentate, complesse vicende di
quell'antico istituto ecclesiastico hanno comportato vistosi ammanchi dovuti
alle cause più disparate.
In tale minima parte, limitate le scritture
che hanno carattere storico e giuridico a un tempo; purtroppo parziali
quelle presentanti forme a ciò convenienti; ancora minori quelle cui si possa attribuire la
qualificazione di testimonianza scritta di un fatto di natura giuridica,
compilata coll’osservanza di certe determinate forme, le quali sono destinate a
procurarle fede e a darle forza di prova, – nelle incisive
definizioni del Paoli. [2]
Caratteristica di tale Diplomatico
è, altresì, per la parte più antica, quella di contenere vari documenti di
prova, nella loro distinzione di attestare semplicemente un fatto giuridico,
già compiuto, perfetto e pienamente valido prima della documentazione,
mentre ben pochi, discussi, discutibili, non certi, ne sono i documenti
dispositivi. Specie per gli ancora
oscuri ed intricati momenti fondativi.
In in assenza di un’accettabile
quanto indiscutibile collateralità di coeve ulteriori testimonianze, difetta
infatti ai secondi la caratteristica intrinseca ed estrinseca di essere documento
(…) che dà compimento e validità all’azione. E ciascuno d‘essi, in
tale assenza, ben difetta del poterglisi riconoscere l’ulteriore distinzione di
qualificarsi poi esso solo testimonio autentico della medesima <azione>,
e titolo e fondamento delle conseguenze che ne derivarono.
Il diplomatico abbaziale è quindi
da intendersi del tutto autoreferenziato. Da qui gran parte dei problemi
intrinseci. Specie – come precisato – per alcuni pretesi originali che
si vorrebbero far risalire alla normanna fase fondativa. A taluni infatti manca
– e gravemente – ogni caratteristica di authenticum. Pochi, infatti, in
essi i documenti fatti per diretta volontà degli autori, e pervenutici nella
materia e forma genuina nella quale furono primamente emessi. [3]
Le pergamene sono catalogate ed in regesto descritte nel
vol. 46 del medesimo archivio, avente titolo Introduzione e
dichiarazione dell'indice dè diplomi, che si conservano nell'archivio del
Coll(egi)o Greco di Roma. Manoscritto del 1763, adèspoto ma
probabilmente opera di Baldassarre
Francolini, S.I., rettore del Collegio Greco. [4]
Ivi, la Sezione Abbazia di Mileto è
rappresentata da 186 regesti. Di documenti, o di lor tradizione, sino alla
fine del secolo XVI. Ulteriori, sempre inerenti medesima abbazia, sono pur
presenti. Numerosi di essi però attengono altresì alla categoria di atti e
scritture varie.[5]
Dei menzionati 183, d’interesse per
la precitata abbazia, i supporti pergamenacei, o cartacei, sono di meno. E, degli esistenti, quelli
aventi effettive caratteristiche diplomatiche in numero ancora ridotto.
Delle membrane poi che la moderna critica diplomatica abbia accolto quali
indubitamente autentiche, e per il periodo più problematico, quello fondativo
(meglio: ri-fondativo) normanno, ebbene ancora meno.
Molto infondato risulta quindi
l’asserto che per le arcaiche vicende di tale cenobio di ogni rammemorato
evento ne esista la debita testimonianza. Molto incerto a noi odiernamente esso
infatti si presenta. Ma, comunque ne sia, è d’altro canto assolutamente
destituita da ogni credibilità la tesi che si volle propalare nel tardo XVIII
che i privilegi di detto monastero poggiassero solo su falsi od interpolazioni
seriori di altrui originali.
Livello ancor maggiore
d’incertezza, per non dire per alcuni problematici punti di vero e proprio
vuoto documentario risultano anche le lontane documentarie vicende della locale
sede episcopale. Problema ne è, ed anche tale aspetto non risulta debitamente
approfondito, che tali due istituzioni ebbero tormentate vicende e molte
situazioni di vero contrasto.
Vicendevolmente inquinandosi nell’imperativo esiziale dell’onere di
prova, a difesa od in offesa. [6]
Le documentarie vicende che agitarono
i critici momenti del plurisecolare reciproco astio fra locale sede episcopale,
ed abbazia della Tinità, continui ma in specie nel veramente agitato
quinquennio 1715 – 1720, come nell’ancor maggiore rovente ulteriore periodo
1760 – 1774, adeguatamente infatti ci informano che si fece e scrisse di tutto
per ritenere sovvertito ogni ordine della classe del vero nella pur
copiosa abbaziale documentazione. Ed in tutto come con tutti le opposte fazioni
si agitarono per dichiarare falso anche quanto indubbiamente ancor oggi
veridico ed indiscutibile permane.
Ma, se ciò è vero, forse appunto
perché già accadde non si pensava di dover assistere, e da anni, ad una
produzione a stampa di marca localistica, in cui si tende a superare
sinanche le pur vaste ipèrboli di marca abbaziale del XVII. Il che non è poco.
Per pervenire all’onirìa sul piano dell’inconsistenza documentaria, apologìa su
quello del dimensionamento, odierna mera normannistica mistica su quello della
descrittiva. Che in tutto come con tutti si agita per dichiarare vero anche
quanto indubbiamente allora come oggi indiscutibilmente falso od interpolato od
incerto o molto discutibile, per la documentazione dell’una ed altra parte,
permane.
Pertanto, a fronte di ciò, qui presentatesi
le di sopra incontestabili caratteristiche del diplomatico, la fideistica tabe
dell’incrollabile certezza volentieri si lascia a tali apologèti.
Preferiamo, al converso, permanere
sul sodo terreno dei fatti. Sul problema se l'evento rammemorato nei documenti,
atti, scritture, qui regestate, sia esistito veramente, o se esista o ne sia
esistita una valida testimonianza (tale è stato il vasto e tormentato pèlago
del diplomatico cui qui si cenna) si rinvia alla disamina in corso. Che verrà
pubblicata in altro luogo web.
Tale, in sintesi, per altro verso, e come pur si è di sopra cennato, le comuni caratteristiche di due diplomatici per noi di interesse: l'abbaziale e l'episcopale, di Mileto. [7] La di cui stemmatica è pertanto da intendersi e quale attinente sia al campo della diplomatica sia a quello della tradizione archivistico-documentaria in fonti pseudo diplomatiche.
Ora si consenta cennare dell’odierna presentazione.
Quanto qui pubblicato si caratterizza quale traduzione da testo latino
dei primi 30 regesti, pervenendo alla data cronica del 1178
Invero, date le caratteristiche
tematiche e cronologiche del sito che molto gentilmente ci ospita, avremmo
dovuto fermarci al 1166. Ma, per il contenuto stesso dei punti di pacificazione
fra i due lontani contendenti: sede episcopale e sede abbaziale, di Mileto, che
in tutto evincesi dai costituti del 1178, li riterremmo punto di cerniera nelle
medievali vicende abbaziali. Non a caso, importante, anzi essenziale, venne
richiesta – e di pace una volta tanto scrivendosi facilmente la si ottenne – di
pontificia corroborazione.
Fu inutile. Si ricominciò. Spesso su futilità, che nascondevano ben altri e più corposi interessi.
Successivamente il diplomatico abbaziale ha una ben vistosa quanto veramente problematica cesura. Collegandosi al periodo svevo con atti se mai della liquidazione storica di tale luminoso periodo. E quindi, cessati i motivi del globale contendere, storicamente e documentariamente, della piena reintegrazione dell'abbazia medesima nella totalità delle proprie funzioni istituzionali, feudali, patrimoniali.
Con una serie di dispositivi
pergamenacei attestativi delle disposizioni inerenti l'adeguamento degli ultimi
svevi alle volontà dello Stupor mundi espresse nel testamento stesso
federiciano, si ha testimonianza - nel diplomatico abbaziale in questione - del
malinconico passaggio da un'era (normanno-sveva) ad altra: la fine della
medesima. [8]
Con susseguenti, si ha modo – in
tale diplomatico ancora – di assistere, di riflesso, all’impropria presa in
consegna dello Stato da parte dell'incipiente dinastia angioina, mentre,
direttamente, della rinnovata tutela apostolica sull'abbazia medesima.
Che, così, non solo si vede
reintegrata almeno nella buona parte degli antichi e moderni possessi, bensì,
anche, e ciò è molto importante ai fini anche artistici, immessa anche in
quello che dipoi a breve divenne lo splendore della corte
angioina stessa. [9]
Le abbaziali pergamene sono pertanto catalogate ed in regesto descritte nel più volte citato codicetto 046,
del cartario di quel gregoriano pontificio seminario romano. E precisamente
alla Pars I: Index diplomatum
seu monumentorum quae asservantur in tabulario Collegii Graecorum de Urbe,
(1763).
[10]
Ora qualche notizia di dettaglio.
Sul verso della membrane varie risultano le notazioni d’archivio.
Le distinguiamo in tre serie, concluse infine dalla quarta, ossia le
operazioni classificatorie e regestative di ACGR 46, qui in esame.
La maggior parte, indubbiamente, corrisponde all’antico
ordinamento dell’abbaziale archivio. Note di classificazione interna, sino al
terzo decennio del XV, allorché quel monastero ancora permaneva in regime di
autonomia.
Altre ad operazioni del XVI e XVII secolo.
Specie Domenico Ottolini, rettore, ordinatore, estensore di inventari
dell’archivio di quel collegio romano (1677).
Varie, infine, al preparatorio lavoro di classificazione di
Silverio Orbini, forense partenopeo (1762), che ne produsse poi opera, oggi
ancora ms. ed inedita. [11]
Delle notazioni d’archivio definitiva risulta l’esistente cartellino
apposto sul verso di cadauna pergamena corrispondente all’inventariazione del
1763 ed alla conseguente sistematica per classi alfabetiche. E tale è il quarto
cronologico livello di inventariazione e catalogazione del diplomatico
abbaziale. Ossia il qui parzialmente presentato ACGR 046. Cadauna pergamena
infatti è prontamente reperibile ad un progressivo numero, una progressiva
alfabetica classe, una ben distinta progressivamente numerica posizione da 1 a
15 all’interno della classe. L’uno e l’altra, abbinati, costituiscono comunque
ancora oggi se non proprio l’unico, almeno un pratico e sicuro modo di
prontamente reperire le pergamene.
Nostro obiettivo, comunque, ne è la ricostruzione delle pristine
consistenze, partizioni e posizioni, all’interno dell’originario archivio
abbaziale.
Ma è veramente tempo, ormai, di passar la voce alla documentazione.
Ai protagonisti.
ACGR 46 Introduzione e dichiarazione dell’indice [12] dè diplomi, che
si conservano nell’archivio del Coll(egi)o Greco di Roma. (1763) In occasione che nell’anno passato, 1762, verteva in Napoli la lite
sopra la badia d(ell)a S(antis)s(ima) Trinità di Mileto, in Calabria, che, da
Gregorio XIII di fel(ice) mem(oria) fu già unita in perpetuo al Coll(egi)o
Greco di Roma, da cui smembrandola poi Clem(ente) XI la unì parimenti [13] in perpetuo alla mensa vescovile di
Mileto, coll’annua pensione, o prestaz(ion)e, di (scudi) 2400 romani in
favore del med(esim)o coll(egi)o, vertendo, dico, la lite, se fosse la
d(ett)a badia di regia fondazione
(onde esser dovesse ancora di regia collazione), o no, fu necessario
di esaminar molto le bolle, e i privilegi, [14] che nel nostro archivio si conservano. Ma siccome eran questi tutti alla rinfusa, e senza alcun ordine, o
disposizione, riuscì cosa fastidiosissima, e di grandissima perdita di tempo.
[15] Giudicò dunque, chi scrive la presente memoria, di far cosa utile al
coll(egi)o, e comoda[16]ai propri successori [17] se per ogni altra simile circostanza
disponesse le cose in modo che - senza fatica [18]- potesse ritrovarsi quanto si volesse, e
ogni cosa tornasse a suo luogo senza pericolo di confusione. A tal effetto, due cose si sono fatte: 1° Si sono ordinate, e contrassegnate
[19] di fuori, e ripartite, tutte le
pergamene. 2° Si è formato un indice delle medesime nel presente libretto, nella
forma che, per maggiore delucidazione, ora andremo [20] dichiarando. Avvertendo [21] per altro prima i successori di tener
sempre con molta cautela custodito, e segreto, quanto in esso si contiene;
per il molto pregiudizio che potrebbe al coll(egi)o se le cose si
propalassero più di quello che, imprudentemente, sono state propalate [22] per l’addietro. E quanto all’ordine dato, non si è atteso nè alle materie, nè [p.2]
alle persone a cui queste appartengono, ma solamente alla loro antichità,
disponendole cronologicamente secondo il tempo della loro data. Dove, è da avvertirsi [23] che varie volte si incontrano transunti
o copie autentiche di bolle, e privilegi, concessi [24] anteriormente, e questi li [25] abbiamo collocati secondo il tempo e la
data del transunto, non già del privilegio che si autentica, perchè quella
tal pergamena a quel tempo realmente appartiene, non a quello della data del
privilegio transuntato. Peraltro [26] nell’indice, come si vedrà, diamo ancor
di questo qualche indizio sotto l’anno della spedizione del privilegio. Al fine peraltro 15 porremo un altro [27] indicetto regolato secondo le diverse classi
di persone alle quali appartengono, che potrà servire come d’indice
secondario, o indice dell’indice principale. Perchè poi il dato ordine non venisse a turbarsi in appresso, e si rendesse
di uso, abbiamo al di fuori contrassegnata ciascuna pergamena con attaccargli
un tassello con una lettera maiuscola, [28] ·
ed un
numero romano, ripartendole quindici per quindici, cioè [29] ·
15
colla lettera A, ·
15
colla lettera B, e così in appresso, ·
di
modo che la prima è segnata [30]A I, ·
la
seconda A II, ·
la
terza A III, fino ad A XV, ·
quindi
B I, B II, fino a B XV, e così dell’altre e l’abbiamo riposte in tanti cassettini dell’archivio, ripartiti
anch’essi [31] e contrassegnati dalle lettere A,B,C,
(etc) sicchè [32] tirandosene fuori alcuna si sa subito
dove rimetterla per farla tornare al suo luogo, e facendo bisogno di
alcun’altra si sa subito dove cercarla coll’uso dell’indice, come or ora si
dirà. Prima peraltro si avverta che la lettera M arriva solo al numero VIII
e poi si passa alla lettera N. La ragione si è perchè essendo
le pergamene che abbiamo, altre anteriori alla fondazione del nostro
collegio, e spettanti comunemente [33] alla badia di Mileto, altre posteriori,
le abbiamo distinte come in due parti, formando dalle prime la prima parte, e
la seconda dalle altre, come si vedrà. [34] Or quanto all’indice, o piuttosto ristretto a modo d’indice, procede
questo col medesimo ordine cronologico, secondo il quale sono state
distribuite [35] le pergamene, ed a ciascun ristretto è
segnata la lettera maiuscola, e il numero romano della pergamena [p.3]
corrispondente, onde possa subito trovarsi e aversi alle mani quando alcuna
se ne voglia. Ha inoltre [36] un altro [37] numero corrente, che abbiamo premesso a
ciascun monumento per comodo [38] di far le citazioni che frequentemente
vi occorreranno [39] nel decorso di quest’indice. A ciascuno, coll’anno dove si è potuto, abbiamo premesso il giorno
del mese, l’indizione [40] e l’anno del pontefice o principe
secolare, essendo le note cronologiche una delle principali fonti dalle [41] quali si ricava la verità o falsità dè
diplomi. E circa dell’anno ci conviene avvertire che si troverà alle volte
segnato in due forme, c(om)e, per esempio al n.1, A I 6503/ 995; al n.187,
N.1576/1577. Ora, nel primo caso il numero superiore alla linea mostra l’anno ab orbe condito, che è stato adoperato
nella pergamena; conforme usano i greci nelle computazioni degli anni. [42] Il numero inferiore alla linea mostra l’anno di Cristo, a cui corrisponde
il già detto anno del mondo. Nel secondo caso poi, il numero superiore denota quelli di Cristo
secondo la computazione fiorentina, che suole adoperarsi dà pontefici nelle
bolle; e l’inferiore secondo la computazione volgare, e comune. [43] Nei [44] casi della prima specie abbiamo sempre
premessi i due numeri nella già detta forma; in quelli della seconda specie
rare volte, e piuttosto [45] nell’annotazione, abbiamo accennato,
quando ci è parso, [46] che invece dell’anno comune [47] venisse usato o l’anno pisano, o il
fiorentino. Il che per l’ordinario abbiamo fatto
anche nell’indizione, osservando quando è stata usata non alla maniera come
presentemente s’usa [48]presso di noi, che gli diamo principio
alle calende di gennaio, [49] ma come usavasi anticamente ed ancora [50] s’usa dà greci in Sicilia, e in altri
paesi, che la mutano alle calende di settembre anticipando di quattro [51] mesi la nostra mutazione. Di ciaschedun monumento abbiamo fatto un breve ristretto, quanto
bastasse per avvertire del contenuto, e lo abbiamo fatto in latino, [52] sì come comunemente [53] nascono dà diplomi, [p.4] stesi in
latino. Al fine poi del ristretto vi si troverà A ovvero B con un numero, come per esempio
al monumento primo si vede citato B 237, circa di che è da sapersi che la più
parte delle pergamene che noi abbiamo si trovano trascritte, si ben non molto
felicemente, in due libri che sono parimente in archivio. L’uno contrassegnato colla lettera A, l’altro colla lettera B; ogni
volta dunque che in uno di questi due libri si abbia la copia del monumento
di cui si tratta, accenniamo il libro particolare, e la carta dove è
trascritto, acciò si possa e vederne al disteso il contenuto, e, insieme,
risparmiarsi il fastidio di leggere [54] la pergamena, cosa assai noiosa e non da
tutti. Serve anche per poter collazionarla ogni volta che ve ne fosse
necessità. [55] Frequentemente poi aggiungiamo qualche nota, ma per maggior
distinzione in italiano, e postillate nel margine, toccanti [56] o l’autorità del monumento o tal volta
anche qualche punto storico, e critico, che, p(er) [57] altro non ci diamo vanto di aver fatto
una fatica, [58] nè molto utile nè molto esatta; anzi,
confessiamo che non saremmo gran fatti [59] al caso per un’impresa di simile natura,
ma abbiamo solo preteso di accennare alcune riflessioni che, di mano in mano,
siamo andati facendo nella lettura di questi monumenti, e di qualche altra
che, per occasione della lite [60] siamo andati vedendo. Le quali osservazioni, giuste o no che siano, in ogni occorrenza
potranno, se non altro, servire per muovere il dubbio, [61] e far la strada ad una ricerca e
discussione più esatta. Accadrà [62] ancora non poche volte di trovar in
quest’indice dè diplomi, à quali noi premettiamo solo il numero andante colle
cifre arabiche e non già l’altro romano di cui abbiamo contrassegnate [63] le pergamene, ma appunto perchè non v’è
pergamena corrispondente teniamo qui questo metodo. In due diversi casi ciò accade: primo quando abbiamo qualche copia in pergamena di qualche [p. 5]
autografo anteriore, che più non esiste, e allora accen(n)iamo all’anno, cui
apparterrebbe [64] l’autografo. La notizia del medesimo con indicare la copia donde ricaviamo questa
notizia, la quale copia riportiam poi al luogo suo e al margine del luogo
dell’autografo segnamo *** [65] per denotar questa stessa mancanza
d’autografo. L’altro caso è quando non esiste nè copia in pergamena, ma solo si
cava dal [66] Lib. A, o B, detti di sopra, nè quali
leggonsi [67] trascritti e a questi non facciamo segno
di veruna sorte. Come poi siano venute a mancare queste pergamene non si sa. Si avverte solo che questa mancanza non deve almeno in tutto
attribuirsi a trascuraggine, [68] o ad ingiuria del tempo, mentre, seguita
l’unione della suddetta badia di Mileto a quella mensa vescovile, come si
disse al principio, col motu proprio [69] di Clem(ente) XI, del 13 ag(osto) 1717,
furono consegnate in Roma al sig(no)re Pietro Bernardini, procuratore di quel
vescovo, con due libri concernenti i privilegi [70] ed interessi di d(ett)a badia anche 63
pergamene, delle quali lo stesso mons(igno)re fa ricevuta con altre robbe
consegnategli in vigore della d(ett)a bolla, come poi vedere al protocollo Interessi del Collegio. Parte III, al
principio. Vivi felice, e prega Dio per chi ha fatigato in tuo vantaggio. |
Ha qui termine l’introduzione dell’estensore di ACGR 046.
Al cui augurio, ed esortazione, ma anche richiesta di correttezza, ci
associamo.
E nel prosieguo di questo lavoro ben facciamo nostro.
PONTIFICIO COLLEGIO GRECO
ROMA
ARCHIVIO
Ms. Acgr, 046.
(1763)
Pars I Index
diplomatum seu monumentorum quae asservantur in tabulario Collegii Graecorum
de Urbe. |
REGESTI |
001.A.I. 6503/995. NICODEMO, Cond., dona a S. Nicola la chiesa della B. Vergine,
degli orti con la vigna. |
002.A.II. 6548/1040. Nel mese di maggio, indizione VIII. [71] Transunto greco nel quale è contenuta una parte del testamento e del
codicillo di un PRIMICHIRIS, il quale dona i suoi beni, lì recensiti, alla
chiesa di S. Maria detta di Primicerio. |
003.A.III. 6587/1079, SETTEMBRE
5. – Indizione II. MALACENUS e la di lui moglie MARIA, figlia del conte SERGIO, dona al monastero di S. Leone, vescovo di Catania, che si trova nel
castello di S. Cyriacae, una proprietà posta nella tenuta del
castello stesso. |
004.A
IV. (s.d.) GIOVANNI
di Tebitlis prende
in affitto dal categumeno, ovvero abate NICOLA del S. Angelo Michele, un podere presso S. Giorgio, da piantarsi a
viti e da possedersi dallo stesso vita natural durante; (podere) che dopo la
(sua) morte torni immediatamente al monastero. |
005. A.V. 6588/1080, giugno, indizione VIII. ROBERTO duca, nominato Guiscardo, dichiara che a proprie spese - la chiesa di S. Filippo di
Terrati, nelle pertinenze di Aiello, è stata riedificata e dotata di alcuni
Ponis di suo diritto, e che ogni cosa della stessa chiesa è dono
per l’abate BIAGIO e successori. Che quindi, in verità, diede la stessa
chiesa con tutte le sue pertinenze, col consenso dello stesso abate BIAGIO,
alla chiesa di S. Angelo di Mileto, e all’abate di quella, GUGLIELMO, il
quale con egli stesso e con il fratello, conte RUGGERO, era giunto alla
suddetta chiesa di S. Filippo. |
006. A.VI. 1081, nel giorno IV delle calende di
gennaio, indizione IV. Privilegio di RUGGERO, conte di
Calabria e Sicilia, con il quale dona al monastero della Trinità di
Mileto, da lui edificato e del quale aveva nominato abate ROBERTO suo
consanguineo, la libertà ed immunità in ogni cosa; facoltà di eleggere l’abate a piacimento dei monaci, capacità di acquisire qualunque cosa, da chinque
donata. Conferma inoltre qualunque cosa sia stata donata nel
giorno di dedicazione della chiesa, fatta dall’arcivescovo ARNOLFO, (come)
nel suddetto giorno, indizione, anno, (donata) da egli o dai suoi: 1. SERLONE,
appunto, nipote del conte, 2. ARNOLFO,
Superbo, 3. LAMBERTO, 4. ASGOTTO, 5. OSMUNDO 6. ed UGO. E cioè la terra di S. Gregorio, i poderi nel territorio di Mileto. In Mesiano qualunque cosa ebbe in suo
dominio. In asellario. L’abbazia di S. Nicola di
Gerentia. In Burciano un’abbazia. In Sicilia, nella città di Traina, la chiesa
di S. Giorgio; in Val Demoni le abbazie di S. Basilio, di
S. Nicola e S. Angelo con le (loro) pertinenze. In Serrato la chiesa con la vigna. In Gerace, l’abbazia di S. Nicodemo ed
un’altra con le chiesette di S. Antonio, di S. Leone e di S: Mercurio, con
tutte quelle cose che avevano nel giorno in cui il conte tenne Gerace. Inoltre, in diversi luoghi, là censiti molti
villani. In aggiunta concede a tutti facoltà di
abitare nelle terre della chiesa, i quali, da allora in poi, vengano censiti
sotto il possesso della chiesa. Soltanto ordina (che) la sepoltura sua e dei
suoi (sia) nella chiesa in questione, che desidera nobilmente arricchire. |
007.A.VII. 1081.Indizione IV. Privilegio del conte RUGGERO, concesso
dallo stesso insieme · alla
moglie ADELASIA · ed ai
figli GOFFREDO, GIORDANO, RUGGERO e SIMONE, al monastero della SS. Trinità di
Mileto e al suo abate ROBERTO, proprio consanguineo. (Privilegio), nel quale è contenuto quanto
è detto, concessosi nel precedente che abbiamo registrato con A.VI. Inoltre concede ogni tipo di libertà, come la esenzione da ogni servizio secolare,
riservando a sè ed ai suoi un pane ed una misura di vino, a mero titolo di
carità, tutte le volte che giungano alle pertinenze del monastero. Rinnova
la piena potestà, giurisdizione secolare e dominio su cose ed uomini
che posero l’abitazione sulle pertinenze della chiesa. Oltre ai beni censiti nell’altro
privilegio già detto, qui vengono nominati Castellarium e Vibo con il suo
porto e la tonnara e tutte le pertinenze; in Mistretto le chiese dei SS. Innocenti
e di S. Filippo, con le pertinenze. Presso Castelvetere le chiese di S.
Nicola di Caconigi(t)is, di S. Giovanni d’Alaro, di S. Maria di Melicano,
secondo le divisioni dell’altro privilegio (vedi XI). Certo, dichiara che questa donazione è da
lui fatta alla Chiesa Romana ed al suo pontefice URBANO II, e che da quegli
fu lodata ed accettata. |
008. A.VIII. 1081, indizione IV. Privilegio del conte RUGGERO, [72] |
009.A.IX. 1081, indizione IV. Privilegio del conte RUGGERO, [73] |
010.A.X. 1087, maggio. Indizione X. Il duca RUGGERO, figlio del duca
ROBERTO, nell’anno II del suo ducato, per la redenzione dell’anima del duca
ROBERTO e di SIGHELGAITA, propri
genitori, come della propria, dona al monastero di S. Angelo in
Mileto ed al suo abate GUGLIELMO, la chiesa di S. Filippo di Aiello, con le
sue pertinenze. |
011.A.XI. 660/1092, gennaio. Indizione I. Dato
in Messina. Il conte RUGGERO conferma all’abate RUGGERO, di S.
Angelo di Mileto, i beni che, leggendo le antiche carte, seppe aver detto
monastero dei tempi antichi avuto e tenuto presso S. Nicola di Caconitis; i quali beni elenca singolarmente, di
ciascuno indicandone i confini. |
012.A.XII. 1092, Indizione I. ROBERTO BORELLO, con la moglie AITA e col consenso del conte RUGGERO, dona al monastero di S. Angelo di
Mileto ed al suo abate GUGLIELMO la chiesa di S. Maria di ummia con le
pertinenze. Ugualmente: un podere con 17 villani, la chiesa di S. Nicola di Falla con le sue
pertinenze, il luogo detto “Stisplaciis Ariis” per i
pascoli, la piena facoltà di far pascolo in altri
luoghi di suo diritto, pescare e tagliare legna. |
013.------- [74] 6600/1092. marzo. indizione V. RUGGERO, duca, all’abate GUGLIELMO. |
014. ----- [75] 1092., indizione XIV. ROBERTO di BUHUM, donazione. |
015.A.XIII. 1099, IV delle idi di ottobre,
indizione VII. Dato a Bari per mano di GIOVANNI, cardinale
della S. R.C., nell’a. XI del pontificato. URBANO II a ORSO, abate del monastero
di Mileto, edificato in onore di S. Angelo, riceve in diritto perpetuo e in
tutela della sede apostolica il monastero stesso, offerto dal conte Ruggero
al beato Pietro ed alla sua chiesa, e i beni, tanto quelli acquisiti quanto
quelli da acquisire. Censisce nel territorio di Mileto la tenuta di S. Gregorio e la chiesa di S. Nicola, di S. Giorgio di Briatico, di S. Giovanni di raccio, di S. Maria di Medima, di S. Maria e S. Clemente di Arena, di S. Maria di Stilo, di S. Giovanni e S. Nicola di Gerentia. Nella
città di Gerace tre piccoli monasteri. Nella
città di Squillace la chiesa di S. Martino. La chiesa di S. Filippo di Aiello, di S. Nicola di Regina, di S. Giorgio di Traina, dei SS. Innocenti di Mistretto, di S. Basilio di Menna, di S. Giovanni di Rocca di Mare, di S. Barbara di “Callatabutorum”, di S. Nicola di Caca, dei SS. Cosma e Damiano di Cefalù con le pertinenze di tutte. Ugualmente concede l’esenzione da ogni
giurisdizione dei vescovi, la facoltà di prendere da qualunque vescovo
i sacri olii e le consacrazioni, e l’autorità di eleggere l’abate col
suffragio dei monaci; (abate) da consacrarsi da parte del pontefice romano. Certamente l’esenzione da ogni vessazione
secolare, servitù, incombenza ed oppressione, così che siano tenuti soggetti
a nessun altro se non alla sede romana e apostolica, della quale è di
diritto. |
016.1.XIV. [76] 1099, Il IV delle idi di ottobre.
Indizione VII. – Dato a Bari. URBANO II A ORSO, abate del monastero
di S. Angelo di Mileto. |
017. --------- [77] 1100, Il X delle calende di aprile. Indizione
VIII. dato a Roma per mano di GIOVANNI diacono cardinale della S. R.C.
nell’a. I di pontificato. PASQUALE II a RUGGERO, abate del S.
Angelo di Mileto, da lui consacrato, riceve in diritto proprio e in tutela della
S. R.C., sull’esempio di Urbano II, il monastero al quale conferma tutti i beni da quegli
enumerati, che anch’egli censisce uno ad uno. Aggiunge tuttavia parte della città che è
chiamata Mesiano e quante cosa si sa furono donate dal
suddetto conte RUGGERO al beato PIETRO. Ugualmente conferma tutti i privilegi, ai quali aggiunge la facoltà di seppellire
là chiunque abbia deciso di esservi seppellito, e che ivi per volontà dell’abate non si
facciano messe e stazioni pubbliche. |
018.A.XV. 1101. RODOLFO di Monte Peloso, col consenso
di GUGLIELMO Culchebret, dona all’abate di Mileto · la terra
di S. Clemente con le sue colture. |
019. ----------- [78] 1101. Indizione X. RUGGERO, conte. Donazione. |
020. --------- [79] 1102, giugno 1. Indizione XII. RUGGERO, conte. Privilegio. |
021. ----------- [80] 1121, febbraio. Indizione X. DROGONE di Monte Alto. |
022. ----------- [81] 1122, 14 delle calende di prile.
Indizione XV. Dato nel Laterano per mano di GRISOGONO,
diacono cardinale della S.R.C. e bibliotecario nell’anno I di pontificato. CALLISTO II a NICOLA, abate della SS.
Trinità e di S. Angelo di Mileto, consacrato dalle sue mani; conferma tutti i beni e privilegi concessi
da URBANO II e PASQUALE II. (n° 15 e 17 ), enumerando ogni cosa separatamente. |
023. ----------- [82] 1135, gennaio. Indizione XIV. Scritto per mano di GUIDONE, notaio. Re RUGGERO, figlio del conte RUGGERO, · permuta con
l’abate DAVID, del monastero della Trinità di Mileto, alcuni beni per
comodità del monastero “acceptis”; evidentemente quelli che erano lontani dal
monastero: la chiesa di S. Cosma nel territorio di
Cefalù con tutte le pertinenze, le decime della terra di Cefalù, la chiesa di S. Giovanni di Rodell’a con
tutte le terre e 39 villani spettanti alle dette chiese. Lascia al monastero i beni più vicini, cioè la tintoria di Vibo, LEONE il giudeo con tutta la famiglia e il palazzo di Vibo. Ugualmente,
nelle pertinenze di Mileto, la vigna presso S. Elia e il mulino di Dafinà. In
Umbriatico: due colture col canneto e 39 villani in diversi luoghi. |
024.B.I. 1139, 5 delle calende di gennaio.
Indizione III. Dato in Laterano per mano di AIMERICO
diacono cardinale e cancelliere. Nell’anno X di pontificato. INNOCENZO II a DAVID, abate del
monastero di Mileto che sta a Monte Verde, prende sotto la tutela e la protezione
della Sede Apostolica il monastero di S. Angelo, costruito dal conte RUGGERO
ed offerto al beato PIETRO. Conferma tutti i beni che possiede, in
maniera generale ed indistinta; tuttavia nomina singolarmente Capellarum con
il suo territorio, la tenuta di Vibo con il suo porto e la
vicina tonnara donata dal conte RUGGERO. Allo stesso modo, secondo l’esempio di
PASQUALE II, conferma l’esenzione da qualunque
giurisdizione episcopale, e di nuovo, sull’esempio dei predecessori,
ogni libertà ed immunità, per il tributo della qual cosa impone un’oncia
d’oro da pagarsi ogni anno nel palazzo del Laterano. Infine conferma la libertà della sepoltura e
dell’elezione dell’abate da farsi da parte dei monaci. |
025.B.II 1150, 6 delle calende di marzo.
Indizione XIV. dato in Ferentino per mano di BOSONE,
scrittore della S. R. C. , nell’anno VI di pontificato. EUGENIO
III a ROBERTO, abate del monastero della
SS. Trinità di Mileto e di S. Michele Arcangelo, conferma tutti i beni e tutti i
privilegi che erano stati concessi dai suoi predecessori Urbano II, Pasquale II ed Innocenzo II, elencando ogni bene per nome. Elenca certamente, oltre a quanto già
elencato dai suoi predecessori, il monastero di S. Nicodemo di Patera, le chiese di S. Nicola di Falla, di S. Maria di Montor, di S. Pietro nella terra di Vibo; presso Castelvetere: le chiese di S. Nicola di Caconis, di S. Giovanni e S. Maria di Melicano. Di S. Nicola di Prato a Squillace. Nelle
pertinenze di Aiello: le chiese di S. Maria di Ponticella, di S. Lorenzo, di S. Ippolito, di S. Angelo di Stricto, di S. Barbara, di S. Pietro, di S. Nicola di Turriano, di S. Filippo, di S. Cassiano, di S. Nicola di Macca di Trabe, di S. Giorgio di Mahae, di S. Giovanni di Caltanissetta, di S. Anastasia di Grateris, di S. Stefano, di S. Basilio di Naso, di S. Nicola di Butona, di S. Angelo, di S. Maria di Murra e di S. Pietro di Melatio. ·
Infine come simbolo della libertà concessa, secondo
l’esempio di INNOCENZO II, impone un’oncia d’oro da pagare ogni anno a sè e
ai suoi successori. |
026.B.III. 1166, novembre 6. Indizione XV.
Sedente Alessandro III nell’anno VIII. BERNARDO, cardinale vescovo Portuensis
e legato apostolico di S. Rufina con l’assistenza di Manfredo, cardinale
custode di S. Giorgio presso il Velo d’Oro, assecondando la richiesta di
Mauro abate dila S. Trinità di Mileto, consacra l’altare maggiore, che, in
precedenza, come favore al conte Ruggero, era stato consacrato da Pasquale II
con le sue mani, ma, cadendo al tempo dell’abate Roberto la parte di edificio
che stava sopra l’altare, era stato fatto a pezzi ed il suo dono della
consacrazione violato. |
027. ---------- [83] 1170, il 17 delle calende di agosto.
Indizione III. Dato a Veroli, per mano di Staziano,
suddiacono e notaio della S. R.C., nell’anno XI di pontificato di Alessandro
III. · Bolla di
conferma dei beni e dei privilegi fatta per l’abate di Mileto. |
028.B.IV. [84] 6685/1177, settembre. Indizione VII. Decisione pubblica con la quale,
davanti al atecumeno del monastero della S. Trinità, viene aggiudicato a
Lamberto figlio di Giorgio Fettisti un certo podere posto nel territorio Cremasti, contro alcuni ingiusti invasori che con la forza sino ad ora l’avevano tenuto. |
029.B.V. 1178, il 14 delle calende di aprile.
Indizione XII. Dato nel Laterano per mano di ALBERTO
cardinale presbitero e cancelliere della S. R.C. Alessandro III,
nell’anno III di pontificato, ad IMBERTO abate (ed al) monastero di Mileto di
S. Angelo e della S. Trinità, conferma tutti i beni ed i privilegi che
erano stati concessi per opera di PASQUALE II, INNOCENZO II ed EUGENIO III, con
tutte le stesse parole dell’uso, ed <inerentemente> EUGENIO <III>
solo con la suddetta concessione dell’uso della mitra e dell’anello. |
030.B.VI. 1178, il 13 delle calende di aprile.
Dato a Tusculo. Alessandro
III
a IMBERTO, abate del monastero di Mileto. Vi si rferisce delle lettere di
ANSELMO, vescovo di Mileto e di IMERTO abate della S. Trinità, nelle quali espongono la
forma della pacificazione decisa tra di loro, richiedendo l’approvazione
della S. Sede apostolica. Tra i quali, certamente, ANSELMO col consenso
del capitolo pone fine ad ogni azione ed al diritto di chiedere di nuovo la
chiesa di S. Angelo. Ugualmente <chiede> la chiesa di
S. Tommaso in Monte Verde Partechialem in cambio degli uomini pertinenti al monastero,
da non interdirsi mai, con facoltà per lo stesso abate di nominare e rimuovere il
cappellano. Il quale sia sottoposto all’opera di
correzione del vescovo e tenuto a parteciparne al sinodo, essendo al vescovo stesso
riservato il diritto di arcidiaconato sui suddetti uomini ed ogni altro diritto spirituale,
siano chierici che laici. Ugualmente <chiede> la chiesa di
S. Basilio in Monteverde. Cede però ogni diritto di
arcidiaconato, e qualunque altra cosa era arrogata, salvo tuttavia il diritto <di
riscossione> delle decime nei possedimenti dell’abbazia, appunto in S. Gregorio, in Cremasta, in Casale La<r>zonis che è nel
possesso di Mesiano, in Castellario, a Vibona, fatto salvo il diritto parrocchiale
nella chiesa di S. Angelo in Vibona. Tuttavia tutti gli ecclesiastici che
stanno in questi possedimenti, una volta chiamati al sinodo siano obbligati ad andar(vi),
ed ivi possa essere giudicato dal vescovo ciò che è riservato al solo abate. |
FINIS |
[1] Adeguati numerosi moderni studi sull’abbazia
di S. Michele Arcangelo e della SS.ma Trinità non è dato trovare. Se con ciò si
intende validamente documentati. Al converso, fuori da tali esigenti
caratteristiche, l’odierna produzione che attiene alla categoria di mera
letteratura interpretativa su tale monastero è numerosa.
Ma l’apologia non riveste interesse
alcuno per la ricerca.
D’interesse per una proficua e
documentata conoscenza della consistenza repertizia dell’abbazia della Trinità
(archeologicamente, diplomaticamente, archivisticamente) qui si segnala quanto si ritiene di
maggiormente valido. Che, appunto per ciò, non è molto.
Paul Fridolinus KEHR, Papsturkunden
in Rom, (in Nachrichten der K. Gesellschaft der Wissenschaften zu
Gottingen. Philologisch – historische Klasse. 1900. Heft 3.)
P. F. KEHR, Papsturkunden in
Italien. Reiseberichte zur Italia Pontificia, I
(1896-1899), 1977, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana (Acta
Romanorum Pontificum, 1), pp. 136 sgg.
Marie – Hiacynthe, LAURENT, Per un
bollario dell’abbazia di Mileto, (in Benedectina, Fascicoli trimestrali
di studi benedettini, A. IV, fasc. I – II. Gennaio – giugno 1950), Roma,
pp. 41 – 67.
Leon Robert,
MENAGER, Notes et documents sur quelques monasteres de Calabre à
l’epoque normande, (in Byzantinische Zeitschrift, 1957, C.H. Beck’sche, Munchen. Heft 1, pp. 7-30 ; 321-361)
Leon Robert, MENAGER, L’abbaye bènèdectine de
la Trinitè de Mileto, in Calabre, à
l’èpoque
normande, (in Bullettino de l’Archivio Paleografico. Nuova
serie. Rivista Italiana di Paleografia, Diplomatica e Scienze
ausiliarie della storia, fasc. IV-V (1958-1959), a cura dell’Istituto di
Paleografia dell’Università di Roma), pp. 9 - 94, con 3 ill. b.n.
Antonio SCORDINO, L’Archivio
della Trinità di Mileto e del Collegio Greco di Roma, (in Archivio
Storico per la Calabria e la Lucania, 1971, Roma, A. XXXIX, pp. 55-88).
Dello stesso autore, vedasi anche
Notizie storiche sulla Trinità di Mileto,
(in Studi Meridionali, III (1970), fasc. I-II).
Corrado BOZZONI, Calabria Normanna.
Ricerche sull’architettura dei secoli undicesimo e dodicesimo, 1974, Roma,
Officina edizioni.
Al riguardo se ne veda – anche - l’interessante recensione di
Rosa DATTOLA MORELLO, in Brutium, A.LIII. N.S., Ottobre-dicembre 1974,
pp. 2-4, con 2 ill. b.n.
Si ha occasione qui di ringraziare
Corrado Bozzoni per ogni suo interessante chiarimento, in specie su punti di Calabria
Normanna e loro sviluppo.
Bozzoni, in Calabria Normanna,
fra i primi con luminosa intuizione individuò anche nella forma architettonica
dell’Abbazia di S.Michele Arcangelo e della SS.ma Trinità la continuativa di
antichissime territoriali soluzioni armonicamente compatibili con l’ambiente ed
artistiche locali tradizioni. Rigettandone le pur fascinose, ma del tutto non documentate,
insidiose, fors’anche nel di lor vacuo tediose, teorie transalpine.
Corrado PLASTINO, La
proprietà fondiaria della Abbazia della SS.Trinità di Mileto (secc.XVI –
XVII), (in Rivista Storica Calabrese. N.S. X-XI (1989-1990), nn. 1- 14, pp. 93-137.
Dello stesso autore, vedasi anche
I bilanci di introito ed esito
del’Abbazia della SS.Trinità di Mileto (sec.XVII), (in Archivio
Storico per la Calabria e la Lucania. A. LXI (1993), pp. 123-149.
La giurisdizione della Abbazia
della SS.Trinità di Mileto nei secoli XVI e XVII, (in Rivista Storica
Calabrese. N.S. XV (1994), nn. 1- 2, pp.
99-119.
I gesuiti in Calabria, (in Chiesa
e società nel Mezzogiorno. Studi in onore di Maria Mariotti, 1999, RC,
Rubbettino), pp. 547-564.
Si ha occasione qui di ringraziare
Corrado Plastino per ogni suo interessante contributo e chiarimento, in specie
per punti specifici del plateatico e bilanci abbaziali, che con amicizia e
generosità copiosamente ci ha voluto fornire.
Rosa
FIORILLO - Paolo PEDUTO (Saggi di scavi nella Mileto vecchia, in Calabria (1995
e 1999), (pubblicata in Gian Pietro BROGIOLO (a cura
di), II Congresso nazionale di archeologia medievale, [Società degli
archeologi medievisti italiani], Musei Civici, chiesa di Santa Giulia. Brescia
, 28 settembre –1 ottobre 2000, edito in stesso anno, Firenze, Edizioni
all’Insegna del Giglio, pp. 223 – 233, con ill.
Si ha occasione qui di ringraziare
gli autori per ogni loro interessante chiarimento, in specie su punti specifici
dell’aspetto repertizio e della di sopra indicata relazione. In particolar modo
si ringrazia della personale squisita cortesia l’archeologo Paolo Peduto. Si
attendeva ben dai tempi di Paolo Orsi che si attuassero professionali
prospezioni archeologiche su quel sito abbaziale. Certo le interessanti
conclusioni risultano vincolate dall’esiguità dell’area che le circostanze
hanno permesso di esplorare. Delle note introduttive a cura di Paolo Peduto si
segnala che la felice intuizione di doversi guardare alla fortificazione della
Mileto normanna quale linea di contenimento dell’espansionismo longobardico
anziché prematuro preliminare a balzo di conquista verso territori in mano
islamica è in armonica linea con la significativa presenza nel diplomatico
abbaziale di Roberto il Guiscardo.
[2] Cesare PAOLI, Diplomatica.
Nuova edizione aggiornata da G.C.Bascapè, 1987, Firenze, Le Lettere (Manuali
di filologia e storia. Serie I, volume I), cfr. p.17-20 e la bibliografia
ivi citata.
[3] PAOLI, cit., pag. 265 e segg. Particolarmente interessante
ne è, per varie delle tipologie qui in esame, il cap. VII (pp. 263-301). Cui si
affianchi il vecchio ma sempre valido Giorgio PASQUALI, Storia della
tradizione e critica del testo, 1934, Firenze, Le Monnier. Nonché Paul
MAAS, Textkritik von prof. Dr. Paul Maas, Oxford, aus der B.G. Teubner
Verlagsgesellschaft, Leipzig, 1950; ora nella traduzione italiana (a
cura di Nello MARTINELLI e Giorgio PASQUALI), Critica del
testo, 1984, Firenze, Le Monnier (Bibliotechina del Saggiatore, 9). A.
PRATESI, Genesi e forme del documento medievale, 1979, Roma,
Jouvence (Guide, 3). Infine Filippo VALENTI, Il documento medievale,
1977, Modena, S.T.E.M.
[4] Su Baldassarre
FRANCOLINI, S.J., nato a Fermo il 13 settembre 1693, ved. ACGR Libro
mastro, 1756 sgg., foll. 300, 358. Nella Compagnia S.J. dal 1
novembre 1735. Rettore del Collegio Greco dal 28 febbraio 1762 al 1° gennaio
1765. Menzione anche in Cirillo KOROLEVSKIJ, Saggio di cronotassi dei
rettori del Pontificio Collegio Greco di Roma [riedito in Antonis FRYGOS
(a cura di ), Il Collegio Greco di Roma. Ricerche sugli alunni, la
direzione, l’attività, s.d.ed. (ma 1983), stamp. in Grottaferrata, Ed.
Pontificio Collegio Greco S.Atanasio (Analecta Collegii Graecorum. A
cura di Olivier RAQUEZ. 1)], p. 131.
Si ha occasione qui di ringraziare
i rev.mi Olivier Raquez ed Ambrogio Dolfini, rispettivamente già rettore e suo
successore del Collegio Greco di Roma, per ogni loro interessante contributo e
chiarimento inerentemente punti specifici della storia di quel pontificio
gregoriano seminario. Nonché per la liberalità e la cortesia sempre
dimostrataci.
[5] ACGR 046 (1763) è un elaborato prodotto di
base ai fini allegativi a produzione di causa. Presenta
283 regesti latini: dal n. 001 (A.I.), al n. 283 (T.III.).
[6] Non è luogo in
presente di immettersi nel ben complicato
e tormentoso problema della di
loro autenticità; qui se ne tratteggia bensì solo della constatativa
enumerazione almeno di un supporto (pergamenaceo o cartaceo) su cui sia
dichiarato un evento. In merito poi alla validità documentaria del corpus di
tradizione, ebbene tale costituisce
aspetto maggiormente problematico del diplomatico abbaziale. Poiché molta parte
ne è costituita da transunti o copie imitative in forma di pretesi o supposti o
fors’anche – e perché no ? – esistiti diplomi originari. In tale ultima
categoria, numerosa ed infida, si annida infatti la considerevole massa di
problemi inerenti la storia ancora non conosciuta ai più di tale abbazia.
[7] Molti gli eventi di
cui si ha memoria del lontano passato di tale abbazia, nel diplomatico stesso.
Moltissimi, i riferimenti nella tradizione o testimonianza su supporto
cartaceo. Ma non hanno che la mera declaratoria priva di una
documentazione degna di tale definizione. Ciò non ha alcun interesse
pertanto per la diplomatica, bensì per una ipotetica ricostruttiva della di
loro a volte ben tortuosa stemmatica.
Notevole è infatti la serie di testimonianze di eventi dichiarati quali
in un documentato disperso; a volte veritiero, a volte solo preteso; altre
anche del tutto inventato per le ragioni più disparate. Tutto ciò ha lasciato
vistose ramificazioni in più testimonianze. Dal minuzioso studio di tale catena
si perviene, se condotto secondo le precise esistenti e note norme, a
possibilità di fondatezza o meno di un documento. Ed è proprio la
constatazione della sistematica assenza di questo necessario, indispensabile, minuzioso
studio di tale catena, nelle contemporanee quanto odierne localistiche
pubblicazioni, su detta abbazia, che molto ci induce dalle stesse a di molto
discostarci. Indifferenti, e del tutto, alle pur presenti fascinose
suggestioni. Non ne abbiamo bisogno. Riteniamo già adeguato quanto di, pur
dignitoso, realmente è esistito.
[8] L’epoca e la figura dello Stupor Mundi molto piace. Ma ne lasciamo agli storici il giudizio proprio, e
maggiormente qualificato. La letteratura su tale contrastato periodo è quanto
mai vasta e documentata.
[9] La quantità,
infatti, come l'importanza, dei privilegi angioini a favore dell'abbazia è ben
attestata in tale diplomatico.
[10] Elenco dei regesti delle pergamene a sua volta esemplato su
due importanti fonti: i codici A e B (rispettivamente voll. ACGR 20 e 21),
contenenti molte copie del diplomatico.
Già
Antonio Scordino però segnalava, nel 1973, che il 21 mancava da circa un
ventennio. E non è scomparsa da poco, stante che molte pergamene risultano
disperse rispetto alle inventariazioni dei secc. XVI-XVII, e di varie d’esse
pur v’era copia in quell’unico codice. Attengono infatti a tale serie quelle
consegnate agli agenti di Bernardini, vescovo, nel 1718, in Roma.
[11] Sia permessa qualche
precisazione in merito al contributo di Silverio ORBINI e della sua
opera, ms. ed inedita.
Quella
stessa di cui molto erroneamente si scrisse (M. H. LAURENT, Per un
bollario…, 1950, ma sulla scorta di una indicazione dell’erudito tedesco KLINKENBORG,
Papsturkundn in Principato…, 1897; da questi in errore inducendosi anche
P.KEHR, Papsturkundn in Salerno…, 1900; come anche SCORDINO,
L’Archivio…1971) essere uno dei due registri del diplomatico già
consegnati nel 1718 agli agenti del vescovo Bernardini.
Tale
interessante ms., che speriamo poter a breve in menzionato sito web
integralmente proporre all’attenzione degli eruditi, ha sì più copie di tale
abbaziale diplomatico, ma, invero, nulla ha a che fare con l’indicato registro
nè, tantomeno, con Bernardini.
E’
prodotto del 1762, nelle calde, roventi, contese giurisdizionali, di parte
ACGR, ne difende i diritti, è forense, ha lunga introduzione ed alcune
trascrizioni del diplomatico: privilegi pontifici, ducali, comitali, carte
ecclesiastiche e signorili.
Dell’abbaziale
archivio in CG.
E’
non solo antecedente ai classificatori lavori di cui ACGR 046: non ne riporta
infatti l’ormai canonica designazione di numero di corda, classe, collocazione,
ma dallo stesso 46 – che alle risultanze e dell’abbaziale diplomatico disamine
di Orbini si ricollega - è nell’introduzione implicitamente richiamato.
[12] del’Indice
[13] parimente
[14] privilegii
[15]grandissimo perdimento
di tempo
[16] commoda
[17] à suoi successori: trattasi
dell’indicato rettore pro tempore del CG.
[18] fatiga
[19] contrasegnate;
analogamente con una sola s in tutte le altre forme.
[20] andaremo
[21] Avertendo
[22] propolate
[23] avertirsi
[24] conceduti
[25] gli
[26] Per altro
[27] un’altro
[28] majuscula
[29] cio
[30] segna
[31] ancor essi
[32] sichè
[33] communemente
[34] vedrassi
[35] secondo che sono state
distribuite
[36] in oltre
[37] un’altro
[38] commodo
[39] accorrerano
[40] indizzione
[41] uno dè principali
fonti dà
[42] Ora, nel primo caso il
numero superiore alla linea mostra l’anno ab orbe condito, che, conforme, usano i greci nelle
computazioni degli anni, è stato adoperato nella pergamena
[43] commune
[44] Ne i
[45] piutosto
[46] paruto
[47] in vece ... commune
[48] corretto da s’uza
[49] Gennaro
[50] e tutta via
[51] quatro
[52] Lattino e così
negli altri luoghi.
[53] communemente
[54] legere
[55] che non ve ne fosse
necessità
[56] toccatnte
[57] p aggiunto
[58] corretto
[59] fatto
[60] segue, cancellato dè medesimi
[61] dubio
[62] Accaderà
[63] contrasegnate
[64] apparterebbe
[65] in ms. segno grafico di manina
[66] dall’
[67] legonsi
[68] trascruragine
[69] moto proprio
[70] privilegii
[71] In merito
al doc. 002.A.II. 6548/1040.
Transunto greco contenente parziale testimonianza del testamento di un
PRIMICHIRIS, utili particolari trovansi anche nella menzione in Francesco
Antonio CUTERI – Maria Teresa IANNELLI, Da Stilida a Stilo, prime
annotazioni su forme e sequenze insediative in un’area campione calabrese,
(pubblicato in Gian Pietro BROGIOLO (a cura di), II Congresso
nazionale di archeologia medievale, cit., pp. 209 – 222. La menzione
trovansi alla pag. 217, su base V. Von FALKENHAUSEN, I Bizantini in
Italia (in AA.VV., I Bizantini in Italia, 1982, Milano,
Scheiwiller, pag. 86 e n. 140).
Si ha occasione qui di ringraziare Francesco
Cuteri per ogni suo susseguente interessante chiarimento.
[72] 008.
A.VIII. 1081, indizione IV. Fonte specifica Privilegio del conte RUGGERO, con
l’annotazione: assolutamente identico a quello qui registrato A.VII, esemplato
sulla base dello stesso; lo si veda là, con note.
[73] 009.A.IX. 1081, indizione IV. Come per il
precedente, fonte specifica Privilegio del conte RUGGERO, con l’annotazione:
assolutamente identico a quello qui registrato A.VII, esemplato sulla base
dello stesso; lo si veda là, con note.
[74] 013.-------
6600/1092. marzo. indizione V. Fonte
specifica trattarsi di transunto informe del duca RUGGERO all’abate GUGLIELMO,
con l’annotazione: Vedi B.IX con nota annessa.
[75] 014. ----- 1092.,
indizione XIV. Analogamente: transunto informe di ROBERTO di BUHUM.
[76] 016.1.XIV. 1099, Il
IV delle idi di ottobre. Indizione VII. - Dato a Bari. URBANO II A ORSO, abate
del monastero di S. Angelo di Mileto. Si ha qui modo di precisare trattarsi di
copia imitativa, in forma di privilegio pontificio.
[77] 017. --------- 1100, Il X delle calende di aprile. Indizione
VIII. dato a Roma per mano di GIOVANNI diacono cardinale della S. R.C. nell’a.
I di pontificato. PASQUALE II a RUGGERO, abate del S. Angelo di Mileto… Fonte
informa trattarsi di …copia al Libro B, e altra in carta nostrale di qualche
antichità…
[78] 019. -----------
1101. Indizione X. Fonte specifica trattarsi di transunto informe … di una
donazione del conte RUGGERO a Vibo. Con
le seguenti annotazioni: vedilo a
B.X. vedi lo stesso transunto, in forma
pubblica, all’anno 1421 lettera I, n° VIII.
[79] 020. ------- 1102,
giugno 1. Indizione XII. Privilegio del conte RUGGERO. Fonte specifica trattarsi di transunto, con
le seguenti annotazioni: transunto
in documento pubblico, nell’anno 1271. Vedi lettera C.V. n° 44.
[80] 021. -----------
1121, febbraio. Indizione X. DROGONE di Monte Alto. Fonte specifica trattarsi
di transunto, con la seguente annotazione:
vedilo a B.IX.
[81] 022. ----------- 1122, 14 delle calende di prile. Indizione XV.
Dato nel Laterano per mano di GRISOGONO… nell’anno I di pontificato. CALLISTO
II a NICOLA, abate della SS. Trinità e di S. Angelo di Mileto. Fonte specifica
trattarsi di notizia desunta da copia informe inserta nel citato Libro B.
[82] 023. ----------- 1135, gennaio. Indizione XIV. RUGGERO II.
Autorizzazione a permuta con abate DAVID, del monastero della Trinità di
Mileto. Fonte specifica trattarsi di copia
desunta da citato Libro A. Con le notazioni che ulteriore antecedente
copia trovansi in doc. n. 34, pergamena B. X.
Tale, in verità, è seriore transunto, senza datazione, di 3 concessioni,
tra cui al terzo posto la presente. Le antecedenti due si riferiscono a
donazioni del padre, Ruggero, conte.
[83] 027. ---------- 1170, il 17 delle calende di
agosto. Indizione III. Dato a Veroli (…)
nell’anno XI di pontificato. ALESSANDRO III. Conferma di beni e privilegi per
l’abate di Mileto. Fonte specifica trattarsi di notizia desunta da un transunto
del 1420 (Doc. 139, pergamena I.VII) .
[84] 028.B.IV. 6685/1177,
settembre. Indizione VII. Decisione pubblica del categumeno del monastero della
S. Trinità, a favore di Lamberto, figlio
di Giorgio Fettisti.
Testo
greco. Fonte specifica trovarsi sul verso le seguenti seriori rubriche (in
latino):
Una vigna posta nella
piena della tenuta del casale Cremasta.
Dalla parte
orientale la terra detta di Grimalda e presso il luogo di S. Gregorio.
Dalla parte
occidentale presso la terra di Pietro Mandati.
Dalla parte
settentrionale presso il passaggio.
Dalla parte di
mezzogiorno la tenuta del figlio di Ruggero Conduaneri.
© Giovanni
Pititto.